Persino da ex premier Berlusconi fa ancora paura a "Repubblica"

Il quotidiano di Mauro non abbassa la guardia: spera che il Cavaliere venga condannato nel processo Ruby

Persino da ex premier Berlusconi fa ancora paura a "Repubblica"

La caccia non è finita. Se qual­cuno ­pensava che il Berlusconi defilato di questi tempi non meritas­se le attenzioni giudiziarie di Re­pubblica a quanto pare si sbaglia­va. L’ascia di guerra non è stata an­cora messa da parte. Forse il Cava­liere un po’ ci sperava. Non è più il centro dell’azione politica. Monti sta ancora lì a fare i conti con il de­bito pubblico. C’è la Fornero sul fronte dell’articolo 18, con la Cgil che deve almeno mimare un futu­ro di guerriglia sociale. C’è il Pd che fatica a nascondere la vergini­tà perduta, con il sindaco di Bari nei guai per gli appalti vinti dagli amici e il tesoriere dell’ex Marghe­rita che fa sparire i soldi. C’è Casi­ni che tesse la ragnatela del gran­de centro e Montezemolo che pre­senta manifesti politici. E c’è an­che-Napolitano che sta giorno do­po giorno brevettando il presiden­zialismo all’italiana.

Tutto questo non basta a far finire il Cavaliere fuori dalla scena.

Il quotidiano di Ezio Mauro pen­sa­che non sia ancora il caso di abbassare la guardia. Berlusconi ha superato lo scoglio Mills, la Cassa­zione ha resettato il processo Del­­l’Utri, ponendo dubbi sulla chia­rezza del reato di concorso ester­no in associazione mafiosa, ma quelli che sognano il Cav in manet­te hanno ancora una carta da gio­care: Ruby. A pensarci è il proces­so più fragile. Non è facile dimo­strare la concussione. La difesa di Berlusconi ripete che quelle tele­fonate in questura non erano né ordini né minacce.L’accusa fa pe­sare il ruolo di presidente del Con­siglio. Come a dire: basta quello per farsi ubbidire. Repubblica punta sul numero: quattro telefo­nate in venti minuti, come se Ber­lusconi fosse uno stalker. La sug­g­estione è condita con le solite car­te della procura, costume di un Pa­ese dove i processi si fanno sem­pre prima. Tutto questo, comun­que, verrà valutato in tribunale. È lì che le ragioni dell’accusa e quel­le della difesa si confronteranno.

Fuori dai tribunali c’è invece la sensazione che il Cavaliere comin­c­i un po’ a mancare ai suoi avversa­ri. Manca il grande nemico, l’uo­mo verso cui scaricare fobie, tabù e paure. Manca il cattivo che ti faceva vendere più copie. Manca l’ossessione di questi lunghi anni. Non è facile trovare un sostituto. Monti non funziona e non c’è gu­sto a prendersela con la Fornero. Al massimo si può tentare di con­vincere Marchionne a entrare in politica. È normale quindi che ogni tanto Repubblica provi no­stalgia e torni, un po’ a freddo, a ricordare il caso Ruby.

Forse però non c’è solo questo. C’è il timore che il passo indietro del Cavaliere sia solo tattico o che il berlusconismo possa tornare in altre forme. C’è il desiderio di prendersi la rivincita su tutto quel­lo che è successo dal ’94 fino a og­gi, riportando al potere un’oligar­chia morale che da sempre vuole governare il Paese in nome di una presunta supremazia etica.

C’è l’impressione che il Pd non abbia le caratteristiche per governare l’Italia e bisogna quindi affidarsi a qualcosa di nuovo, magari con la benedizione dell’ingegnere Car­lo De Benedetti. C’è l’urgenza di capire Monti da che parte sta.

E in attesa di tutto questo ricor­dare agli anti Cav che il nemico non è ancora debellato.È l’ultima identità che gli è rimasta. Senza Berlusconi non sanno più chi so­no.

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