La richiesta di stop alla cooperazione con le università israeliane, approvata a maggioranza dal Senato Accademico della Scuola Normale di Pisa, continua a far discutere. Stavolta lo squillo contro il boicottaggio degli atenei di Israele arriva dall’Associazione degli Amici della Scuola Normale Superiore di Pisa.
L’Associazione esprime «sconcerto» e «contrarietà» per la decisione di chiedere al Ministero degli Esteri di sospendere l’attuazione dell’accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica tra l’Italia e lo Stato ebraico. Gli Amici della Normale hanno discusso della questione e hanno deciso di diramare un comunicato in cui si dissociano dall’iniziativa del Senato Accademico del prestigioso istituto pisano. «I numerosi membri dell’Associazione intervenuti - si legge nella nota - hanno tutti espresso il loro sconcerto e molti la loro contrarietà alla richiesta di riconsiderazione del Bando, ritenendo che le istituzioni universitarie come la Normale debbano piuttosto, nel rispetto delle opinioni dei singoli, preoccuparsi di valorizzare sempre la scienza, la cultura e l’arte come elementi di dialogo e di raccordo universale». Una scelta discutibile, quella dell’ateneo, arrivata negli scorsi giorni su impulso di un documento della «comunità studentesca» in cui si chiedeva di bloccare la collaborazione con le università israeliane alla luce della guerra a Gaza. E ora la limpida presa di distanza dell’Associazione.
Un gruppo di Enti e imprese che da anni collabora e sviluppa progetti con l’università fondata nel 1810 per volontà di Napoleone. I soci degli Amici della Normale di Pisa sono Intesa San Paolo, Allianz, Banca d’Italia, Fondazione Pisa, Mediobanca e Unicredit. Mentre al vertice del Comitato Direttivo c’è Salvatore Rossi, presidente di Telecom Italia. Rossi è subentrato nel 2022 all’ex presidente dell’Associazione, l’ex premier Giuliano Amato. Nel Comitato Direttivo figura anche Luigi Ambrosio, rettore della Normale di Pisa. Lo stesso Ambrosio che, dopo l’aut aut degli studenti, aveva risposto piccato alle richieste di stop al bando con le università israeliane. «Si assumeranno la responsabilità delle loro affermazioni e finché sarò direttore la collaborazione resterà inalterata», la replica del direttore alla «comunità studentesca». Poi la resa agli estremisti. Come accaduto già all’Università di Torino. Un atteggiamento di esclusione e boicottaggio, già considerato dal Ministero dell’Università come sbagliato ed «estraneo alla cultura e alla tradizione dei nostri Atenei».
Nella mozione approvata dal Senato Accademico della Normale si chiede «il rilascio degli ostaggi e un immediato cessate il fuoco nella Striscia di Gaza». Non un accenno ai massacri di Hamas del 7 ottobre. Nel documento, invece, si accusa Tel Aviv di «un’inaccettabile forma di punizione collettiva della popolazione palestinese». Reagisce anche Marco Carrai, console onorario di Israele per la Toscana, la Lombardia e l’Emilia Romagna. Carrai bolla come «ridicole e vergognose» le motivazioni che hanno portato all’interruzione della collaborazione con gli atenei israeliani. Poi entra nel merito del testo: «Si parla di collaborazioni su tecnologie civili che però, secondo l'Università, potrebbero essere utilizzate da Israele per uccidere le persone a Gaza». Un teorema fragile, espresso nell’appello sottoscritto a fine febbraio da circa duemila docenti universitari, in cui si chiede alla Farnesina di stoppare il Bando di cooperazione Italia-Israele. Da quella petizione è partito il contagio nelle università. Con le proteste e le occupazioni in tutta Italia. Da Roma a Bari. Passando per Napoli, Firenze e Bologna. Oltre al caso di Torino.
Il prossimo appuntamento è ancora alla Sapienza il 16 aprile. Quando i collettivi si mobiliteranno in occasione di una riunione del Senato accademico. L’obiettivo è sempre lo stesso: costringere le università a boicottare Israele.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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