N ell'ultimo giorno di legislatura, tra sguardi smarriti (di tanti) e sorrisetti tronfi (dei pochi che son certi di tornare); tra l'applauditissima orazione d'addio di Veltroni («Piangevamo tutti», assicurano i deputati Pd) e il silenzioso commiato di D'Alema, si intrecciano i destini dei 630 rappresentanti del popolo di Montecitorio in cerca di una seconda chance.
Fabio Granata: archiviato Fli e precluso il centro montiano, il parlamentare siciliano, ex Msi ma con un'avventura nella Rete di Orlando, prova a tornare agli antichi amori. Ha bussato alle porte di Antonio Ingroia, con la speranziella di potersi imbarcare, ma l'ex pm ha difficoltà ad assicurarsi il proprio, di scranno, e dovrà dare il resto a Di Pietro, Diliberto, Ferrero e Bonelli; quindi niente da fare. Si dice invece che Italo Bocchino abbia tentato una pacificazione coi compagni d'arme del Msi, La Russa & Co., ma forse sono malignità da ex camerati.
Anche Casini torna a cercare gli amici del tempo che fu: è stato avvistato tête-à-tête con Saverio Romano, che deve decidere su chi investire col miglior rendimento i suoi pacchetti di voti. Manna per l'Udc, che è a corto di portatori di consensi e che deve giocarsi tutto sul far saltare il premio di maggioranza al Senato per il Pd in alcune regioni chiave, tra cui la Sicilia.
Sempre in zona centro, Corrado Passera si sta spendendo con tutte le sue forze per una lista unica pro-Monti: senza Montezemolo e Riccardi, che non si candidano, il ministro può sperare di diventarne il capo, il numero due di Monti. Per poi naturalmente passare al numero uno se il Prof dovesse trasferirsi nella Ue.
Nel Pd sta succedendo di tutto. Le due illustri rottamande che l'hanno sfangata ora si guardano in cagnesco, perché sognano entrambe destini istituzionali. Rosy Bindi amerebbe essere eletta alla presidenza della Camera, Anna Finocchiaro a quella del Senato. Ma solo come primo stadio: l'obiettivo segreto è quello di trovarsi in pole position, quando si tratterà di sostituire Napolitano, per salire dalla seconda alla prima carica dello stato. Nel frattempo, però, entrambe devono cercarsi un «collegio» sicuro, perché sul loro territorio hanno poche chance di elezione. Rosy punta sulla Calabria, dove gli ex Dc ancora contano, Anna sulla Puglia.
Si agita tantissimo Donatella Ferranti, portata in Parlamento da Fioroni ma autopromossasi a portavoce dei pm in commissione Giustizia. È inferocita perché ha tentato di farsi candidare alle primarie nel Lazio ma è stata respinta, ora ci prova con la Liguria: ambirebbe al collegio che fu di Luigi Lusi.
In Puglia c'è il fuggi fuggi dei consiglieri regionali Pd, che hanno praticamente tutti chiesto di potersi candidare alle primarie visto che, quando Vendola guiderà Sel alle politiche, la Regione dovrà essere sciolta. Devono però fare i conti col sindaco di Bari Michele Emiliano, che sta piazzando in lista tutto il parentado: il fratello Alessandro, ma anche il cugino, Marco Emiliano. «Vuole candidare pure lui a Barletta, mi sembra un po' esagerato», ha spiegato D'Alema ai suoi. Espulsa dalla Puglia, invece, Paola Concia: il circolo Pd di Bari cui è iscritta si è riunito per decidere le candidature e lei non è stata neanche invitata. E il segretario organizzativo regionale De Santis ieri era in Rai ad Agorà a giurare: tra i candidati sicuri alle primarie ci sono Boccia e Concia. Lei lo gela via Twitter: «De Santis dice una bugia». Lui tenta il recupero: «Spero che sia candidata perché ha fatto bene per la Puglia». Replica: «Peccato che la Puglia mi abbia fatto fuori». Eliminata l'unica deputata gay, il Pd elimina anche l'unico deputato di colore, Jean-Leonard Touadi (troppo veltroniano), e tutti gli altri parlamentari esperti di immigrazione, come Livia Turco e il giovane e attivissimo Andrea Sarubbi, sostenuto da tutte le associazioni impegnate sul campo. Accortisi della figuraccia (oltretutto Bersani ha giurato che il suo primo provvedimento sarà la cittadinanza ai figli degli immigrati), sono corsi ai ripari: verrà candidato Khalid Chaouki, nato in Marocco, attuale responsabile «Nuovi italiani» del Pd e stretto collaboratore di Livia Turco.
Uòlter a fine corsa, almeno in Parlamento dove entrò all'età di 32 anni. Con un discorso di commiato per invitare i partiti, riuniti ieri alla Camera nell'ultimo giorno di legislatura, a guardare al futuro e non al passato.
Walter Veltroni ha detto «addio» a Montecitorio, ringraziando i dipendenti della Camera, i colleghi e il presidente Fini «per questa esperienza di confronto e di democrazia». Ad assistere dalla tribuna, c'erano la moglie e le due figlie.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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