“Questo è un governo solido e stabile, io non avrei bisogno di fare questa riforma, anzi è un rischio: ma se uno ha l'occasione di fare una riforma da lasciare in futuro, se non la cogliessi non sarei in pace con la mia coscienza". Mentre in Senato volano insulti durante la discussione generale sul premierato, alla Camera il premier Giorgia Meloni chiude il dibattito "La Costituzione di tutti”, promosso dalla fondazione Alcide De Gasperi, presieduta dall’ex ministro Angelino Alfano, e la fondazione Bettino Craxi, guidata da Margherita Boniver.
Secondo la Meloni, “la Costituzione è di tutti: tocca tutti, nessuno escluso, e a tutti fornisce gli strumenti per orientare ciò che ciascuno decide di realizzare nella propria vita". Per il premier, gli obiettivi principali sono due: la stabilità dei governi come "condizione determinante” pe restituire credibilità alle Istituzioni e al Paese e “la fine alla stagione dei ribaltoni e degli inciuci”. La Costituzione, dunque,"non è un moloch intangibile, non è mai stata pietrificata" e nessuno può ritenersi “depositario esclusivo” perché la Costituzione “non può privilegiare una solo cultura politica e uno solo punto di vista”. Nella scorsa legislatura ci sono stati tre governi “con due presidenti del Consiglio che non avevano avuto alcuna forma di legittimazione popolare", ha aggiunto la Meloni riferendosi a Mario Draghi e Giuseppe Conte. Il premier non è spaventata da come i suoi avversari, una volta arrivati al governo, potrebbero utlizzare questa riforma, ma si è detta "convinta della bontà della riforma" che sta portando avanti "per chiunque arrivi domani”. Meloni è consapevole, inoltre, che l'approvazione della riforma passerà da un referendum divisivo "ma - dice - ricordo che la Repubblica è nata su un referendum divisivo, perché così è la democrazia". La proposta dell'elezione diretta del presidente del Consiglio "non è una proposta di destra né di sinistra, e - aggiunge il premier riferendosi alle opposizioni - in passato è stata ipotizzata anche da quella parte politica che oggi vede leader politici dire che 'fermeranno la riforma con i loro corpi', e non so se sia una minaccia o una mancanza di argomenti". Di fronte a una simile argomentazione non resta che "gettare la spugna, come è stato fatto in questi anni, o - sottolinea Meloni - andare avanti". Il premier respinge l'idea che il premierato indebolisca il Parlamento e rilancia: "Io penso che indebolisca il trasformismo, e che sia il trasformismo ad avere spesso indebolito le Camere".
Tra il pubblico molti i volti dello spettacolo e dello sport come i cantanti Iva Zanicchi, Pupo e Amedeo Minghi, il nuotatore Filippo Magnini e il produttore cinematografico tunisino Tarak Ben Ammar. Ad aprire i lavori è stato il presidente della Camera Lorenzo Fontana che parla della Costituzione come di “un patrimonio comune di valori e princìpi” che “ci unisce e ci identifica come popolo, al di là delle differenze politiche e ideologiche". Fontana ritiene che la Costituzione sia nata proprio dal superamento di quelle divisioni e opinioni contrapposte presenti nell’assemblea Costituente del Secondo dopoguerra. “Fu inevitabile raggiungere compromessi che, in quel particolare momento storico, offrivano maggiori garanzie in termini di stabilità e coesione sociale", spiega Fontana che cita il celebre discorso di Piero Calamandrei del 1955 in cui il costituente sosteneva che la Carta “non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé”. E ancora: “Bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l'impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità”.
Maria Elisabetta Casellati, ministro delle Riforme, nel suo intervento, ha ricordato che in 76 di storia repubblicana i governi sono durati circa 14 mesi e ha definito “particolarmente avvilente continuare ad ascoltare la stanca litania secondo la quale la riforma mortificherebbe la figura del presidente della Repubblica solo” perché affidando la risoluzione della crisi soprattutto al presidente del Consiglio e al Parlamento. La riforma, dunque, lascia “intatti tutti i poteri di garanzia e di controllo del presidente della Repubblica” e, anzi, vi aggiunge il potere di revoca dei ministri. Ma riduce “le occasioni in cui il Capo dello Stato, come ha osservato il professor Cassese, era costretto a dilatare la "fisarmonica" dei suoi poteri ogni qual volta il sistema parlamentare andava in crisi”, conclude la Casellati.
Angelino Alfano, invece, ha ricordato che i tentativi di riformare la Costituzione e le leggi elettorali sono stati vari: da De Gasperi nel ’53 agli anni ’80 quando “si aprì una grande stagione di
tentativi di riforme con Craxi e poi con De Mita e tutti hanno provato a riformare la Costituzione”. Un segno, questo, che “il problema esiste ed esiste da sempre, ovvero dalla prima legislatura repubblicana".
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