«Sto guardando il suo bilancio perché Federico non ne sa e bisogna metterlo in condizioni di confrontarsi pubblicamente». Ipse dixit. Parola di Valentino Tavolazzi, l’uomo che imbarazza i grillini, fa litigare il «padre» con il «figlio» e si atteggia già a spirito santo del Movimento parmigiano. In un video diffuso ieri su Youtube l’ingegnere ferrarese parlava così ad un collega che lo intervistava già il 15 maggio, ben prima dell’elezione di Federico Pizzarotti a sindaco di Parma. Lui, già city manager a Ferrara, licenziato per attrito con sindaco e giunta, si reinventa consigliere ed oggi è il vero baluardo dell’opposizione, nemico dell’inceneritore e della delocalizzazione dell’ospedale. A 62 anni di battaglie ne ha affrontate e vinte. Anche giudiziarie: l’ultima, ancora in corso, lo vede coinvolto in quello che definisce «un agguato del Pd». Accusato di percepire indennizzi di trasferimento che non gli spettano, ha proposto al Consiglio comunale di abolire i rimborsi lo stesso giorno che gli notificarono il procedimento. Tempismo perfetto. Su internet campeggia la sua fedina penale pulita, ma grava anche la scomunica di Grillo che da marzo ha chiuso i ponti con lui, impedendo alla sua lista civica di fregiarsi dell’appoggio di M5S. Ovvio che un suo coinvolgimento a Parma abbia fatto spazientire Grillo.
Eppure Pizzarotti chiama e Tavolazzi risponde.
«Confermo la disponibilità a fare il direttore generale: ora tocca a Federico formalizzare il ruolo».
Come si spiega l’ingerenza di Grillo sulle nomine a Parma?
«La legge parla chiaro: spetta al sindaco nominare i suoi collaboratori tecnici. Non capisco la presa di posizione di Grillo che ci ha sempre appoggiato fin dal 2005».
A Parma ha vinto Grillo o Pizzarotti?
«Hanno vinto i cittadini che hanno decretato il successo personale di Pizzarotti grazie alle intuizioni di Grillo...».
Insomma: hanno vinto tutti. Lei però è stato espulso dal Movimento. Com’è andata?
«A marzo partecipai in forma privata ad un convegno a Rimini che Grillo fraintese, ritenendo fosse un primo passo per ridimensionare la portata della sua leadership nel Movimento in Romagna. Pensò erroneamente che ad organizzarlo fossi stato io. Ci chiarimmo a voce la sera stessa, ma l’indomani via web mi trovai “scomunicato”».
Non vi siete più chiariti?
«Fra di noi rimangono la stima e la fiducia di sempre. È solo cattiva informazione».
A leggere i commenti di queste ore non sembra: si sente frainteso?
«Credo che il problema sia nello staff di Grillo. Mi riferisco a Gianroberto Casaleggio che ritengo il probabile autore sia della “scomunica” sia dei commenti di queste ore».
Così vi pestate i piedi da soli: non serve un’organizzazione della comunicazione?
«Se mi chiede perché non ci organizziamo come un partito tradizionale, rispondo che per noi esiste solo la democrazia partecipata e diretta dei cittadini. Indubbiamente questo successo repentino ha creato dei vuoti e permesso delle interferenze».
A pagarne le spese potrebbe essere Pizzarotti: già i partiti tradizionali potrebbero mettergli i bastoni fra le ruote, se poi ci si mettono anche i suoi...
«Lui ne esce benissimo. I cittadini lo hanno scelto e lo appoggiano. Ha solo bisogno di cominciare a lavorare».
Lei da dove comincerà?
«Per ora ho dato un occhio al bilancio».
Manterrà entrambi i ruoli a Parma e Ferrara?
«Se possibile sì. La priorità è Parma, ma vorrei portare avanti l’impegno preso con i ferraresi che diversamente delegherò ai miei colleghi in consiglio, di cui mi fido».
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