Roma - Soddisfatto no, sarebbe troppo. Ma insomma, qualche spiraglio per evitare il crac Giorgio Napolitano adesso comincia a vederlo. Tre cose il capo dello Stato voleva sentire da via del Plebiscito e tre cose il Cavaliere ha detto. La prima: il governo «deve andare avanti», La seconda: il Parlamento «deve continuare per fare le riforme». La terza: non siamo «irresponsabili» e, nonostante la ferita, mettiamo «avanti a tutto l'interesse dell'Italia».
Prudenza dunque, «apprezzamento» e «moderato ottimismo»: la reazione del capo dello Stato, che ha seguito la manifestazione del Pdl in tv da Castelporziano, si può sintetizzare così. La piazza infatti è stata tranquilla, non ci sono stati eccessi verbali, non si è parlato di Aventino e dimissioni in massa, e il discorso di Silvio Berlusconi è stato giudicato pacato. Persino i consueti attacchi alla magistratura sono rimasti dentro i limiti. Napolitano ha anche gradito l'assenza dei ministri dal sit-in. Tutti questi elementi, messi insieme, vengono interpretati dal Colle come un segnale di disponibilità, che però devo essere confermato dalle prossime mosse del centrodestra. Napolitano, come Enrico Letta consultato in serata, adesso aspetta «i fatti».
Che succederà? Il Pdl continuerà ad alzare la tensione? O cercherà di raggiungere una soluzione politica? Anche qui, indizi positivi arrivano dalle parole di Renato Brunetta. «Il presidente della Repubblica ha ragione - dice il capogruppo Pdl alla Camera - , le proposte di riforma della giustizia dei saggi da lui nominati ad aprile sono un ottimo punto di partenza, sono il viatico per ottenere la pacificazione di cui l'Italia ha bisogno». Brunetta non è mai tenero, però stavolta ha scelto il dialogo. Quando, insieme a Renato Schifani, verrà ricevuto dal capo dello Stato, non chiederà la grazia per il Cav ma «l'agibilità politica» del leader del maggior partito della penisola.
Stamattina Napolitano riceverà i capigruppo del Pdl. Il presidente è disposto all'ascolto, purché Brunetta e Schifani non salgano solo per reclamare un salvacondotto e, anzi, si facciano «portatori di una linea costruttiva». Le parole di Brunetta sembrano andare in quella direzione e, sulla questione della agibilità, esiste già un punto di mediazione. Si tratta appunto dell'avvio di una riforma della giustizia, un'idea rilanciata da Re Giorgio mezz'ora dopo il verdetto della Cassazione in una nota che gli è costata critiche, sospetti e attacchi da parte di Md e Anm. Per metterla in pratica, secondo il Colle, serve che resti fuori la propaganda, che il Pdl non sia animato da «spirito di ritorsione» e che non diventi una battaglia personale per assolvere ex-post Berlusconi. Ma se il progetto andasse in porto, dicono, dalla riforma il Cavaliere avrebbe dei vantaggi pratici non indifferenti.
Tutto ciò però funziona solo se la temperatura politica si abbassa. Se sul fronte del centrodestra le cose forse si stanno lentamente aggiustando, il Pd resta sulle barricate e parla di «doppiezza di Berlusconi». Presto Napolitano chiamerà Guglielmo Epifani per convincerlo ad abbassare i toni. Se finirà il gioco del cerino acceso, se si riuscirà a battere l'emotività, ragionano sul Colle, l'esecutivo può riprendere a lavorare e «dare senso» alla sua missione.
Il governo va messo al sicuro per consentirgli di affrontare «gli impegnativi provvedimenti» che lo aspettano in autunno. Ma la crisi non è stata ancora ricomposta e Letta, lo ha ripetuto, non vuole restare «ad ogni costo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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