Nel Pdl continua il dibattito interno tra lealisti e governativi. E continua ancora la mediazione per sintetizzare le due opposizioni. Per ora Silvio Berlusconi non ha dato il via libera all'ufficio di presidenza che rischia di trasformarsi in una resa dei conti tutta interna al partito. Ma il dibattito sulla legge di stabilità e il voto sulla decadenza del Cavaliere da senatore sono due passaggi chiavi che potrebbero portare ai ferri corti i rapporti tra falchi e colombe.
"La crisi di governo è una pagina chiusa. Tre settimane fa si è votata una fiducia al governo Letta e si è preso un impegno: attuare il programma e lavorare fino al marzo 2015. Solo in quel momento tireremo le somme". Per il ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi mon c’è spazio per nuove tentazioni: "Non capirlo renderebbe deboli governo e Paese". Eppure le ricette inserite dal governo nella legge di Stabilità, fatte essenzialmente di tagli e nuove tasse, rischia di riscaldare gli animi e portare allo scontro in occasione dell'iter parlamentare che la manovrà dovrà compiere per essere approvata. Non a caso, stando a quanto dicono fonti vicine al Pdl, l’ex governatore pugliese Raffaele Fitto e Daniela Santanchè avrebbero reiterato al Cavaliere l’avvertimento sulle imminenti nuove pugnalate alle spalle. Rispondendo al comunicato del Quirinale, la deputata del Pdl ha spiegato, in una intervista a Repubblica, che "la vera panzana è stata passare attraverso le larghe intese" garantite dallo stesso Napolitano "per raggiungere una inesistente pacificazione nazionale". Progetto fallito, in tutto e per tutto. Il voto sulla decadenza del Cavaliere da senatore sarebbe il passaggio decisivo. "A quel punto - si chiede la Santanchè - i nostri ministri come potrebbero tornare a sedere al governo con i loro colleghi del Pd che hanno votato per cacciare Berlusconi dal parlamento. Come potrebbero far finta che non sia successo niente?".
Per il momento, il Cavaliere sceglie nuovamente la linea della prudenza. Vuole, appunto, attendere il voto al Senato sulla decadenza. A farlo propendere per questa linea sarebbe stato un nuovo colloquio telefonico con il vicepremier Angelino Alfano che avrebbe ribadito di non mirare assolutamente alla scissione. "Se i falchi insistono nel mettere in discussione il governo - avrebbe detto Alfano - io non posso assistere inerme". Concetto ribadito nelle stesse ore anche dal ministro per le Riforme costituzionali Gaetano Quagliariello ai microfoni di Matrix. "Se ci sarà una minaccia per il governo, nascerà un altro gruppo, anche se mi auguro che ciò non accada - ha spiegato - ho tutta la determinazione a portare fino in fondo una linea politica". Parlando della foto che lo ritraeva, il 2 ottobre, in parlamento con in mano la lista con i 24 nomi dei ministri che avrebbero costituito il gruppo separato, il ministro ha assicurato che si è trattato di una "assoluta casualità". Eppure quegli stessi nomi sono spuntati anche lunedì scorso per "blindare" la legge di Stabilità sapendo che proprio il voto sulla manovra rischia di acuire ulteriormente le divisioni tra falchi e colombe. L'incidente all’Antimafia, con il Pd che senza rispettare i patti ha votato il suo candidato Rosy Bindi, non fa altro che far alzare i toni dello scontro dando ai lealisti un argomento in più sull’impossibilità di fidarsi dei democratici e, quindi, di governarci insieme.
Berlusconi la pensa in maniera diversa, ma allo stesso tempo è consapevole di non avere più la certezza che tutto il partito lo seguirebbe se decidesse di andare alla guerra. Il leit motiv dei governativi è: se vuoi la crisi, è in sintesi il ragionamento, noi non ti seguiamo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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