Pioggia di critiche su Napolitano, il Quirinale: "Ridicole panzane"

Grillo chiede l'impeachment, Renzi ne mette in discussione l'autorità, Monti lo critica e Santanché lo accusa di tradimento. E da Palermo i pm provano il blitz giudiziario

Pioggia di critiche su Napolitano, il Quirinale: "Ridicole panzane"

"Solo il Fatto Quotidiano crede alle ridicole panzane come quella del 'patto tradito' da' Napolitano". L'ufficio stampa del Quirinale fa quadrato attorno al capo dello Stato attorno al quale si sta scavando un vuoto politico senza precedenti. Dal Pdl trapelano le accuse di aver "tradito" i patti sottoscritti con Silvio Berlusconi al momento della formazione delle larghe intese. Accuse, poi, rilanciate dal quotidiano di Antonio Padellaro, da mesi impegnato a delegittimare politicamente l'inquilino del Colle. In casa piddì l'aria che tira non è diversa. Bocciando l'opportunità di varare l'amnistia, Matteo Renzi ha voluto scalfire l'intoccabilità di Napolitano, unico custode in grado di tenere unito un Pd frazionato in una caterva di anime. E ancora: le critiche (velate) di Mario Monti e l'attacco (frontale) di Beppe Grillo. Per non parlare, poi, della Corte d’assise di Palermo che lo ha chiamato a deporre come teste nel processo sulla presunta trattativa Stato-mafia. Mai come oggi, insomma, il presidente della Repubblica è finito sotto il fuoco incrociato di politica e magistratura.

A mettere il capo dello Stato sotto i riflettori della stampa è stata Daniela Santanchè. Domenica scorsa, ospite della trasmissione l’Arena, la deputata del Pdl ha accusato Napolitano di essere venuto meno ai patti. "Sta facendo il suo secondo mandato perché lo ha proposto Berlusconi, ma la pacificazione di cui aveva parlato non c’è - ha spiegato - deve mantenere la parola data ed essere arbitro Costituzione, non un giocatore". Una presa di posizione netta che ha subito diviso e la cui eco si è fatta sentire nei giorni successivi. Ad andare a fondo del patto tradico è stato proprio quel Fatto Quotidiano che, da mesi, ha messo sul banco degli imputati l'inquilino del Colle. La terra sotto il capo dello Stato traballa. Non c'è soltanto la Santanchè ad avanzare critiche e dubbi sul suo operato. Proprio oggi il Corriere della Sera ha affidato a Michele Ainis un fondo per mettere sul banco degli imputati Re Giorgio, titolare di una "monarchia repubblicana" che da due anni a questa parte "ha posto sotto tutela la nostra democrazia". Nell'articolo Quelle critiche al Quirinale Ainis mette che il Re è nudo. Le contestazioni arrivano da più parti. E i primi mettersi l'elmetto non sono certo stati i cosiddetti "falchi" del Pdl.

Napolitano non è mai stato ben voluto dal Movimento 5 Stelle. Nel dibattito sull'amnisti e l'indulto, il botta e risposta tra il Quirinale e i pentastellati si era alzato a livelli tanto incadescenti che il comico genovese era addirittura arrivato a chiedere, dalle colonne del suo blog, l'impeachment. E il primo a mettere in dubbio l'inattaccabile figura che, dopo la sua rielezione alla presidenza della Repubblica, nessuno poteva sognarsi di mettere in discussione. E, se l'atto di accusa di Grillo ha messo in allarme i palazzi romani, l'assalto mosso da Matteo Renzi in avvio di campagna elettorale per le primarie ha fatto ancora più danni. "Criticare il capo di Stato non è lesa maestà...", aveva messo in chiaro l'ex rottamatore. Fino a quel momento, però, all'interno del Pd, nessuno lo aveva fatto. Sconfessare Napolitano è il grimaldello usato dal sindaco di Firenze per prendere le distanze da Letta e dalle larghe intese. Larghe intese che non fanno più tanto piacere nemmeno a Mario Monti che, a Napolitano, deve l'investitura a Palazzo Chigi prima e a senatore a vita poi. Nei giorni scorsi l'ex leader di Scelta Civica se l'è presa con l'accondiscendenza della maggioranza nei riguardi del governo e (di sponda) con il Quirinale che benedice l'esecutivo.

In questa baraonda politica, la magistratura non avrebbe mai potuto chiamarsi fuori dallo scontro. D'altra parte, l'ha detto pure il numero due del Csm Michele Vietti, si credono più incisivi della politica. Tant'è. Nei giorni scorsi la Corte d’assise di Palermo ha chiamato il capo dello Stato a deporre come teste.

Ed è in questo clima teso che il Quirinale ha cercato di smorzare i toni con un comunicato stampa che smentisce la promessa della grazia motu proprio per la condanna Mediaset. Resta il fatto che, aldilà della presunta trattativa con Berlusconi, Napolitano rimano sotto il fuoco incrociato di politica e magistratura.

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