Quei 9mila euro a testa per gli universitari. Ma i fuori corso sono il 60% degli iscritti

Loro protestano, avanzano pretese, accusano la politica. Organizzano flash mob e volantinaggi, si accampano con le loro tende. Noi, intanto, paghiamo

Quei 9mila euro a testa per gli universitari. Ma i fuori corso sono il 60% degli iscritti
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Loro protestano, avanzano pretese, accusano la politica. Organizzano flash mob e volantinaggi, si accampano con le loro tende. Noi, intanto, paghiamo. Gli universitari in rivolta contro il caro-affitti sono tornati. Passata la torrida estate e terminate le vacanze, i giovani dei collettivi studenteschi sono riapparsi davanti agli atenei delle grandi città, pronti a riprendere la loro lotta. Hanno sistemato le loro attrezzature da campeggio e riposizionato gli striscioni. «Nessuno ci rappresenta. Contro governo e false opposizioni costruiamo un'alternativa», si legge su uno di essi, esposto all'ingresso della Statale di Milano.

Mentre l'esecutivo stanzia nuovi fondi per il diritto allo studio, questi giovani seguitano a lamentarsi contro tutto e tutti. E nel frattempo gravano sulle nostre tasche. Quel che nessuno considera, infatti, è che gli studi e i «campeggi» di protesta organizzati da questi ragazzi (spesso figli di papà che si lagnano per non fare i pendolari) sono già foraggiati dai contribuenti. Ovvero, da tutti noi attraverso le tasse. I numeri, del resto, sono abbastanza emblematici e raccontano un aspetto poco noto del fenomeno.

Stando ai più recenti dati, riferiti all'anno accademico 2021/2022, in Italia gli iscritti all'università sono stati 1.949.481 e, tra questi, si stima che più del 60% fosse fuori corso. Circa 800 mila sono invece gli studenti che non pagano la retta universitaria. Retta che, in media, ammonta tra i mille i duemila euro. In base al reddito, la cifra risulta mediamente più alta nelle regioni del nord Italia.

Da una parte, insomma, le cifre descrivono un progressivo aumento della popolazione universitaria (in dieci anni l'incremento complessivo degli iscritti è stato di 182.473 unità, ovvero del 10,3%), ma il dato va anche rapportato al numero altrettanto considerevole di chi non paga la retta. Ebbene, non è tanto difficile immaginare chi contribuisca con i propri denari a mantenere quegli studi, in molti casi pure fuori corso e dunque protratti per anni: come spesso accade, paga Pantalone. Dunque, i signori cittadini. Come ricordato in tempi non sospetti da Nicola Porro sul proprio sito, questa situazione assecondata nei fatti dal popolo dei «tendisti» (che infatti chiede anche la riduzione delle tasse universitarie) costerebbe all'incirca 9.500 euro a testa agli italiani. È la cifra che negli ultimi rapporti Ocse risulta come «costo» medio per studente in Italia.

Così, mentre gli studenti dei collettivi protestano e si mobilitano in tutta Italia, i contribuenti già vessati dalla pressione fiscale e dall'inflazione devono anche farsi carico di quella spesa. Il paradosso è che, in molti casi, a dichiararsi in difficoltà non sono giovani con situazioni di effettiva indigenza, ma ragazzi che trovano scomodo alzarsi la mattina e prendere un mezzo pubblico per raggiungere l'ateneo. «Ogni giorno moltissimi studenti e giovani precari sono costretti a fare da pendolari perché non trovano una casa in città», hanno lamentato ad esempio alcuni manifestanti del Collettivo Universitario Autonomo che a Bologna, nel piazzale dello scalo ferroviario, hanno inscenato un flash mob.

Lo studio e il «diritto alla casa», secondo i manifestanti acquattati in tenda, starebbero diventano un vero e proprio «lusso».

E ora le recriminazioni sono tutte dirette al governo, che non darebbe abbastanza soldi per coprire quelle necessità. Ma la realtà, nelle sue sfaccettature, è ben più complessa: c'è chi strilla e accampa pretese e chi invece, già da anni, paga di tasca propria. Senza fiatare e senza tende.

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