Quella fabbrica di clientele e mediatori

Scambi e favori. E c'è chi sa come catturare i finanziamenti in cambio di una percentuale. Il racconto di un protagonista

Ognuno ha il Virgilio che si merita. Quello che è toccato a te in fondo si presenta perfino bene. Ha più o meno quarant'anni, smilzo, elegante, cattolico sociale, professore universitario in un ateneo di periferia, si mimetizza bene, senza braccialetti da prima comunione al polso e macchinoni in garage. A vederlo pensi che in un'altra era avrebbe volentieri fatto il prete. Nulla a che vedere in apparenza con Fiorito o con quelli come lui. In realtà quest'ombra che ti accompagna in uno dei gironi infernali delle regioni è la controparte sgamata del politico, quasi sempre un signore delle preferenze. L'accordo è che non si fanno nomi. Il mestiere sì. È un professionista di finanziamenti pubblici. Li intercetta, li cattura, ti dice come fare per rendicontarli. Spesso non serve. Sono quindici anni che conosce tutti i segreti della «fabbrica di clientele». Perché è questo che sono le regioni, un enorme baraccone che smista soldi agli amici degli amici. Da sempre, da quando sono nate. Attenzione, il professore, il nostro Virgilio, non è un cliens, è un mediatore, è uno che ti dice a quale porta andare a bussare, di solito si attiva a ogni inizio di legislatura, quando il parlamentino regionale cambia i suoi uomini e il cliens si trova per un attimo spaesato. Che ci guadagna? La percentuale.

Le regioni sono nate marce. Nel Lazio come per altre regioni è già tutto scritto nello statuto ed è roba che risale al 1973. In sintesi i gruppi consiliari ricevono da sempre soldi per fare quello che gli pare. Li danno ai sindaci amici, alle associazioni vicine, se li mettono in tasca, ci pagano le ostriche o finanziano concerti di musica classica. L'unica cosa certa è che non rendono conto a nessuno. Il contributo che va ai gruppi è ogni anno assegnato con deliberazione dell'ufficio di presidenza. Questo dice la carta. Ma il nostro professionista ci racconta come funziona e funzionava la storia. Fino a qualche anno fa il sistema era semplice. Ogni consigliere regionale aveva in dote soldi, tanti soldi, da distribuire a pioggia. Conoscere uno di questi onorevoli minori poteva cambiarti la vita. Tu facevi il suo vassallo, gli acchiappavi voti e in cambio ti assicurava denaro e posti pubblici, assegni e assunzioni. «Il vero scandalo è che finora quasi nessuno ha mai detto nulla. Si sapeva, si faceva e di soldi ne giravano tanti. Il ciociaro Fiorito non sarebbe mai stato scoperto se non litigava con l'etrusco Battistoni. Guerra tra capibranco, tra feudatari».

Qualcosa in realtà accade nel 2007, quando il governatore era Marrazzo. C'è una denuncia del Codacons al Tar. Il consiglio regionale di allora eroga 25 milioni di euro a un lunghissimo elenco di associazioni. La scusa è finanziare manifestazioni di carattere sociale, culturale e sportivo. «Ha mai sentito parlare dell'associazione culturale Paperotto?». «No». «Bravi ragazzi che fanno iniziative per i bambini dei castelli romani. È una di quelle che ha ricevuto i soldi. E come loro l'associazione Dance Forever, Stazzo Pazzo, Ciociaria C'è, Licenza Poetica, Affabulazione, l'associazione culturale C.A.G.A., quella Bonum diffusium sui, o quella per la sagra della bruschetta con il pane di Lariano. Nulla di male. Tranne che tutto questo avveniva senza trasparenza e con il solo dito alzato del consigliere regionale». Alla fine interviene la Corte Costituzionale, che chiede la restituzione dei soldi e spiega che non si può dare denaro a uno discriminando un altro senza alcun criterio. I consiglieri regionali del Lazio fanno sì con la testa. Ma in cuor loro pensano: se non puoi più dare soldi a pioggia a che servono le regioni?

E infatti si inventano un nuovo criterio. Tocca ai dirigenti dell'amministrazione regionale fare bandi pubblici. Solo che i vari gruppi consiliari fanno un patto tra di loro. Ogni politico deve segnalare le associazioni territoriali che ritiene meritevoli. In pratica con questa scusa indicano ai manager pubblici chi e quanto finanziare. «Ha mai sentito parlare di tabella H?». «Mai». «Colpa sua. Si informi. In Sicilia sono tuttora maestri in questo settore. Chieda all'ex governatore Lombardo. È una lista con tutti gli enti, le fondazioni, le associazioni, i consorzi, i teatri da foraggiare. Si tratta di contributi protetti. Pochi mesi fa in Sicilia con la Finanziaria, alla vigilia della caduta della giunta, hanno spalmato 32 milioni di euro ai privilegiati della tabella H. È una pratica che si ripete ogni anno. Il bello che questa volta per trovare i soldi hanno tagliato 6 milioni destinati al buono sanità e 5,6 milioni per il buono scuola. È la filosofia del nostro welfare alla rovescia».

Nel Lazio la simil tabella H è stata però abolita? «Sì, per volere dei dirigenti pubblici. Non volevano assumersi responsabilità che spettavano ai politici. Così si sono inventati la pagliacciata dei soldi gestiti direttamente dai gruppi consiliari. Di fatto è un ritorno al passato. Ogni consigliere si ritrovava con cento e passa mila euro da gestire senza controlli. I conti si conoscono: 160mila a testa nel Pdl, 144mila nel Pd, 147mila la lista Polverini e stessa cifra per l'Udc, 243mila l'Idv, 161 a testa per i quattro consiglieri del Sel e della federazione della Sinistra e così via, fino al monogruppo del consigliere del Gruppo Misto, un chiaro caso di sdoppiamento della personalità, uno ma misto».

Tutti quelli che prendono questa montagna di soldi sono convinti che gli

appartengono. Alcuni ci finanziano i clientes, altri vanno a bruschette o feste varie, Fiorito li ha spediti in banche spagnole. L'unica cosa certa è che le regioni sono fabbriche di sprechi e di clientele. Chiudete i rubinetti.

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