Ormai è una battaglia campale, con la sinistra che per dare contro al governo tira in ballo la Rai in ogni occasione, parlando di occupazione di tutte le reti (e dei tg) e di "Tele Meloni". Nei decenni passati la gestione della tv di Stato non è mai stata paragonabile alla blasonata Bbc, per dire, ma questo è un dettaglio che non viene preso minimamente in considerazione da chi oggi protesta, l'importante è dare contro all'attuale dirigenza Rai, espressione della maggioranza di centrodestra. Dopo infinite polemiche l'Usigrai arriva allo sciopero, in programma domani, lunedì 6 maggio. E sciopero sia. Ma con una particolarità: per la prima volta non esiste solo un sindacato e così lo sciopero non sarà un dogma, ma una libertà (di farlo o meno), come dovrebbe avvenire in un Paese normale.
Perché protesta l'Usigrai? Contro il "controllo asfissiante sul lavoro giornalistico", il "tentativo di ridurre la Rai a megafono del governo", "l'assenza del piano industriale" le "carenze di organico in tutte le redazioni" e il "no dell’azienda ad una selezione pubblica per giornalisti". Ovviamente vi saranno disagi per i telespettatori: mentre la programmazione del Tg1 potrebbe non subire modifiche, il Tg2 potrebbe andare in onda con una sola edizione principale. Tg3 e Rai News 24 dovrebbero aderire pienamente allo sciopero.
Di fronte alle gravissime accuse lanciate dall'Usigrai, non è mancata la risposta di Viale Mazzini. Con un video comunicato l'azienda ha risposto punto per punto alle parole dal sindacato, definendole "ideologiche e politiche". In particolare la Rai ha chiarito che "alcuna censura o bavaglio è stato messo sull’informazione e si invita l’Usigrai a cessare di promuovere fake news che generano danno d’immagine all’azienda". L’azienda inoltre precisa di aver "proceduto all’adeguamento del sistema premiante dei giornalisti a quello di tutti gli altri dipendenti". Quanto alla carenza di personale, viale Mazzini sostiene che nell’attuale quadro economico "non è possibile aprire nuovi concorsi pubblici per nuove assunzioni giornalistiche a fronte di un organico di oltre 2000 unità, mentre si rendono invece necessari processi di ottimizzazione che consentano di valorizzare l’organico esistente".
Da un po' di tempo la rappresentanza sindacale in seno alla Rai non è più un monolite dove l'unica voce è l'Usigrai. Il sindacato Unirai, Liberi Giornalisti Rai, in una nota spiega che "contrariamente a quanto riportato da alcuni organi di stampa e da alcuni politici da tempo in prima fila per combattere, per assenza di argomenti, un nemico immaginario come il fascismo, Unirai è voce libera e indipendente di giornalisti che non si fanno piegare dalle pressioni o dagli insulti di chi è stato abituato ad occupare la Rai. Domani le centinaia di colleghi che saranno sul posto di lavoro (dopo che un’assemblea si è pronunciata all’unanimità su questo punto), perché contrari a una mobilitazione ideologica, possono e devono produrre quello che fanno ogni giorno e il frutto del loro lavoro deve andare in onda. Chi si sente padrone della Rai deve semplicemente prendere atto che questa è la stagione del pluralismo. Domani andremo a lavorare insieme ad altri 16 mila dipendenti di questa grande azienda che va rilanciata e non infangata ogni giorno dopo averla lottizzata, in maniera abusiva, per decenni - prosegue la nota -. È caduto il muro di Berlino, figuriamoci se non può cadere il monopolio dentro la Rai".
Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia e membro della Vigilanza Rai, nel criticare l'Usigrai fa un parallelo ironico. "In un vecchio cartone animato, i Flintstone, ad un certo punto Fred esclamava: 'Wilma dammi la clava'. Ora potremmo dire a Wilma: 'Dagli la paga', riferendoci a vicende che ruotano intorno all'Usigrai. Il sindacato, un tempo unico, dei giornalisti del servizio pubblico deve ancora chiarire la vicenda dell'ammanco di 100mila euro. E quella di un possibile dipendente in nero che sarebbe una palese contraddizione per chi, come sindacato, dovrebbe tutelare il lavoro di tutti e non certamente sfruttare il lavoro in nero di altri". E aggiunge: "Di quello che un tempo era il sindacato unico, ma oggi deve adattarsi al pluralismo sindacale che finalmente con Unirai si é realizzato all'interno del servizio pubblico. Lo sciopero è un diritto da rispettare, non è un dovere da imporre. O pensano di fare i picchetti davanti alle sedi Rai o delle singole testate? Un po' di democrazia ed un po' di libertà". Gasparri poi conclude: "Chi vuole scioperare sciopera, chi non vuole scioperare non sciopera. Del resto difendere un privilegio è comprensibile. Ma l'azienda ha risposto con chiarezza. Tutti i dipendenti vanno trattati secondo criteri omogenei. Non è che quelli dell'Usigrai sono orwellianamente più uguali degli altri. Speriamo che domani sia una giornata di libertà per tutti. Per chi vuole scioperare anche per difendere una paghetta in più, per chi vuole lavorare per poter svolgere la propria funzione al servizio dei cittadini. Non c'è più lo stalinismo del sindacato unico, ma ci sono il pluralismo e la libertà".
Di tutt'altro parere il senatore Peppe De Cristofaro, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra. "In Rai tira una brutta aria. I vertici dell’azienda non ne hanno azzeccata una. Occupazione del potere, ascolti in picchiata, con Mediaset che ne approfitta, riduzione degli spazi di pluralismo, fuga dei volti noti e i gravi episodi di censura e controllo sono la cifra di questa destra alla guida del servizio pubblico televisivo. La dirigenza meloniana della Rai non è all’altezza". Poi aggiunge: "Sono in difficoltà per le polemiche quotidiane e talmente nel pallone che, invece di rispondere con i fatti alle ragioni dello sciopero indetto per domani dall’Usigrai, attaccano il sindacato, lo denigrano, il tutto mentre Unirai, il sindacato giallo di TeleMeloni, lavora per boicottare lo sciopero. Una cosa gravissima. Avs sostiene le ragioni dello sciopero indetto per domani e ne chiederà conto ai vertici Rai nelle prossime audizioni già previste in commissione di Vigilanza".
Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati, in una nota scrive che "i giornalisti Rai non difendono solo un principio individuale ma un diritto di tutti i cittadini. Non ci sono ragioni ideologiche dietro lo sciopero ma la volontà di ribadire che la Rai è di tutti, non si possono accettare censure e controlli. Una dirigenza che condanna l’astensione dal lavoro mostra ancora una volta incapacità e mediocrità che tanto stanno danneggiando la tv pubblica".
"L'Usigrai più che un sindacato sembra sempre di più un partito politico - afferma il presidente di Noi Moderati Maurizio Lupi - e tale è lo sciopero indetto per domani. Sulla più importante industria culturale del Paese l’Usigrai e le opposizioni stanno conducendo una campagna elettorale strumentale che ha il solo risultato di danneggiare la più importante industria culturale del Paese e di mortificarne le tante altissime professionalità. Errori possono essere stati commessi ma descrivere la Rai come un’azienda al servizio del governo è falso e ingiusto. Detto, poi, da chi per anni ha gestito eccome il potere in Rai".
L'Usigrai replica alle parole dell'azienda con un altro comunicato dai toni duri. "Nella foga di difendere posizioni palesemente indifendibili, i vertici aziendali si spingono fino ad accusare i giornalisti Rai, rappresentati dall' Usigrai, unico sindacato ammesso ai tavoli delle trattative, di spacciare fake news", scrive Usigrainsieme, la componente di maggioranza di Usigrai.
"Tre autogol in uno: per salvare se stessi diffamano dei dipendenti Rai professionisti dell'informazione, sostengono di aver assunto e contrattualizzato costruttori di fake news e arrecano un danno incalcolabile alla credibilità della Rai e alla qualità della sua informazione".Comunque la si pensi lo spettacolo offerto non è dei migliori. È uno scontro politico bello e buono, con attacchi e risposte che tutto fanno pensare meno che a una legittima vertenza sindacale.
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