Riforme al via in Senato, M5S a Renzi: "Vediamoci giovedì"

Oggi il primo voto sugli emendamenti in commissione, tra malumori nella maggioranza e incognita Forza Italia. Rinviato il nodo del Senato elettivo

Riforme al via in Senato, M5S a Renzi: "Vediamoci giovedì"

La riforma del Senato e quella della legge elettorale sono finalmente arrivate al dunque: nonostante i contrasti anche all'interno della maggioranza, oggi arriva il primo voto agli emendamenti in commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama.

"Non voglio fare promesse, né previsioni avventate. Ma certamente si lavora perché la prossima settimana il testo sia in Aula", dice la presidente della commissione e relatrice del Ddl, Anna Finocchiaro, "Stiamo andando avanti bene. Tutti si possono esprimere. Dei sei libroni di emendamenti ne abbiamo esaurito uno. Mi auguro che in tempi brevi si possa arrivare in Aula. Se continuiamo così raggiungeremo lo scopo prefissato".

Per Matteo Renzi le incognite restano tante. A partire dal Movimento 5 Stelle, che dopo l'apertura al governo e l'incontro con il premier di mercoledì scorso chiede un nuovo vertice per fare il punto dopo aver analizzato le proposte. "Renzi non c’è tempo da perdere e tanto da fare", ha scritto il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, su Twitter, "Noi siamo pronti. Incontriamoci giovedì per la legge elettorale".

Ma alla vigilia del semestre di presidenza italiana dell'Ue, l'esecutivo rischia di doversi confrontare anche con i malumori di Pd e Forza Italia. Se da una parte c'è chi assicura di voler rispettare il patto del Nazzareno, dall'altra il progetto del governo non piace a tutti. Una schiera di senatori bipartisan, guidati dal democratico Vannino Chiti, ha firmato una serie di subemendamenti che mirano tra le altre cose a conservare un Senato elettivo. "Sono pronto a votare l’emendamento Chiti", sostiene Augusto Minzolini (Fi), "Ora siamo al paradosso: partiamo proponendo l’elezione diretta del Presidente e finiamo accettando senatori non eletti. Cornuti e mazziati".

"Le riforme non possono essere fermate da Mineo e Minzolini", assicura però la vicesegretaria del Pd, Debora Serracchiani, "Abbiamo raggiunto un punto di equilibrio, dopo un lungo confronto. Adesso vanno portate a casa. Ce lo hanno chiesto gli elettori, bisogna rispettarli. C’è un testo, frutto di un lungo confronto, un testo che è il punto di caduta di posizioni diverse. Un compromesso, in cui anche il presidente del Consiglio ha rinunciato a qualcosa a cui teneva, come un ruolo più forte dei sindaci nel nuovo Senato. Noi siamo pronti ancora al confronto con tutti, col gruppo parlamentare del Pd come con Forza Italia o Grillo. Tuttavia, sinceramente penso che non ci sia più spazio per posizioni che stravolgono un testo frutto di una discussione tanto ampia".

Intanto Renato Brunetta non scioglie le riserve di Forza Italia: "Decideremo in base all’interesse del Paese come nel 2005, quando approvammo una riforma costituzionale più seria, completa e responsabile dei prodotti renziani scritti con i piedi", ha detto il capogruppo di Fi alla Camera, "Abbiamo convocato per giovedì una riunione dei gruppi di Camera, Senato ed Europarlamento per discuterne con Berlusconi".

Per il momento, comunque, la maggioranza sembra tenere: molti degli emendamenti su cui relatori e governo avevano espresso parere contrario sono stati bocciati. Approvato invece quello messo a punto dai relatori che definisce le funzioni della Camera e del nuovo Senato affermando che solo la prima "è titolare del rapporto di fiducia con il governo" e che esercita "la funzione legislativa", mentre l'altro "rappresenta le istituzioni territoriali". La Commissione ha anche approvato due sub-emendamenti del Pd, con il parere favorevole dei relatori e del governo: il primo afferma che il Senato "esercita le funzioni di raccordo tra l’Ue, lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica"; il secondo precisa che il Senato esprime pareri sulle nomine di competenza del governo "nei casi previsti dalla legge".

Tra le novità spuntano anche 5 senatori a nomina presidenziale che restano in carica per 7 anni "e non possono essere nuovamente nominati". Accantonati, per ora, gli emendamenti che riguardano la composizione della Camera e del Senato e il metodo di elezione dei senatori.

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