Il rischio di una bomba sbarchi dalla Tunisia

L’Italia cerca le sponde di Biden e dell’Ue per evitare flussi giganteschi di rifugiati

Il rischio di una bomba sbarchi dalla Tunisia

La Libia è la spina nel fianco, ma la vera «bomba» sbarchi che si sta profilando dall'inizio dell'anno sono le partenze dalla Tunisia. Da gennaio a metà marzo sono già arrivati dalle coste tunisine 12.083 migrati, quasi l'800% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. E nel 2022 gli sbarchi dalla Tunisia (32.798) hanno rappresentato un terzo degli arrivi totali. Le partenze da gennaio hanno superato quelle della Libia, ma sono le stime che preoccupano palazzo Chigi. Quelle più «moderate» della Guardia costiera prevedono 53mila arrivi in Italia nel 2023 solo dalla Tunisia, ma il Viminale teme che questa cifra sarà raggiunta già in estate. Non è un caso che il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, abbia annunciato ieri la richiesta di inserire l'emergenza Tunisia «all'ordine del giorno del Consiglio Affari Esteri della Ue lunedì prossimo». Giorgia Meloni si sta spendendo da settimane per sbloccare il finanziamento a Tunisi di 1,9 miliardi di dollari del Fondo monetario internazionale. Non è escluso un appello alla Casa Bianca con una telefonata al presidente americano, Joe Biden, poco attento al rischio valanga immigrazione dalla Tunisia. Per di più l'Fmi ha come sempre imposto condizioni capestro, da austerity. Se accettate rischierebbero di creare non pochi problemi al presidente Kais Saied, che ha sancito con i suoi modi spicci, se non autoritari, il fallimento della primavera araba. Un altro aspetto grave della crisi è che dalla Tunisia stanno partendo soprattutto sub sahariani su barchette in ferro, estremamente pericolose. L'impennata con sessanta arrivi autonomi in un solo fine settimana, soprattutto a Lampedusa, è dettata dalle dure dichiarazioni contro i migranti del presidente tunisino. «L'obiettivo non detto dietro queste successive ondate di migrazione irregolare è quello di considerare la Tunisia un paese puramente africano - ha spiegato Saied - senza alcuna affiliazione alle nazioni arabe e islamiche». L'accusa che i migranti fomentano crimine e violenza ha scatenato una specie di caccia al nero e l'impennata delle partenze verso l'Italia. Il Parlamento europeo non aiuta con il voto di ieri che condanna la Tunisia per i «recenti attacchi ai sindacati e alla libertà di espressione e di associazione, in particolare il caso del giornalista Noureddine Boutar» finito in carcere con l'accusa di terrorismo. L'assemblea di Strasburgo si dice «profondamente preoccupata dalla deriva autoritaria del presidente Saied» e per gli attacchi ai migranti. Ovviamente la maggioranza degli eurodeputati chiede «la sospensione di specifici programmi di sostegno dell'UE ai ministeri della giustizia e degli affari interni». Un pesante boomerang per l'Italia. Il peggioramento della situazione economica, sociale e politica potrebbe fare definitivamente esplodere la «bomba» migranti dalla Tunisia. Meloni lo sa bene e tenta di correre ai ripari in vista del Consiglio europeo del 24 marzo. Non è stata fissata ancora la data, ma la premier dovrebbe recarsi a breve a Tunisi.

Da tempo la Ue doveva sottoscrivere un accordo, sulla falsariga di quello con la Turchia che ha tamponato, almeno in parte, l'ondata migratoria. Se così non fosse resteremo, come sempre, da soli ed esposti all'ondata di sbarchi dal paese nord africano.

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