Risse e occupazioni Camera in balìa dei deputati a 5 Stelle SCONTRO SULLE RIFORME Assalto M5S

Risse e occupazioni Camera in balìa dei deputati a 5 Stelle SCONTRO SULLE RIFORME Assalto M5S

RomaIn Vietnam non esiste la prima linea: se il nemico attacca noi ci ritiriamo. Se il nemico si ritira, noi attacchiamo. Anche a volerla vedere con gli occhi e le parole del generale Giap, la guerriglia parlamentare adottata dai Cinquestelle nella giungla di Montecitorio non porterà nulla di buono. «Siamo cittadini e a vedere certe cose ci arrabbiamo», cerca di minimizzare Luigi Di Maio, che del generale Giap ricorda al massimo la corporatura passeriforme (non l'altezza, superiore di una trentina di centimetri). Ma non promette sereno, anzi piuttosto mari tempestosi l'incoraggiamento serale di Beppe Grillo - mezzo Ho Chi Min, se l'altra metà è Casaleggio (ieri l'altro anche lui a Roma per definire la tattica) -, che cala oggi per «abbracciare» quelli che definisce i suoi «guerrieri meravigliosi».
Si gioca con il fuoco. Si attacca Napolitano e la Boldrini, s'invoca la cacciata del questore «manesco» Dambruoso («via il picchiatore», inveiscono donne e uomini del gruppo). S'alterna vittimismo e richiamo alla violenza, s'alza a dismisura la tensione. «Siamo alla resa dei conti», dice l'ex capogruppo dei senatori presentando l'impeachment per Napolitano. «È chiaro che se noi subiamo attacchi così gravi, i cittadini che sono fuori non manterranno la calma», suggerisce in modo inquietante il cittadino-deputato Giuseppe Brescia alla tivù. Così alla fine di una giornata campale, nervosa, un gruppetto di «onorevoli» grillini finirà a prendersela con il cronista di un noto quotidiano, inseguito in sala stampa, per intimarne ai commessi l'identificazione. Come se discutere fosse reato di lesa maestà grillina.
Il potere corrompe; anche la visuale delle cose e di se stessi. I «cittadini» in Parlamento non hanno ancora compreso che certi atteggiamenti si addicono alle squadracce fasciste di Alba dorata e non ai tribuni della plebe che dicono di essere. A meno che la strategia della tensione non sia studiata a tavolino. Non tanto - non solo - per le Europee, bensì per una spallata definitiva, considerato che la legge elettorale futura non aiuterà certo il M5S a crescere. La Boldrini, intanto, in serata, annuncerà dure sanzioni: «I deputati del M5S non sanno utilizzare gli strumenti che ci sono e allora ricorrono ad altri mezzi: la violenza, le minacce, il turpiloquio. Tutte cose inaccettabili».
Ma la guerra è «qui e ovunque», dice la strategia della giungla e il bollettino di ieri lo dimostra. Alle 8 il grillino Vittorio Ferraresi occupa l'ufficio di presidenza della commissione Giustizia. Un quarto d'ora dopo arrivano altri deputati del M5S, ma si trovano la porta sbarrata dai commessi. Alle 8.30 arrivano i pidini e Dambruoso: cresce la tensione, i deputati del Pd si frappongono tra Dambruoso e i deputati del M5s, Scalfarotto soffia sul fuoco: «Se Lupo fosse rimasta seduta non si sarebbe presa lo schiaffo». Si sfiora la rissa. La presidente Donatella Ferranti (Pd) più tardi scriverà a Boldrini chiedendo di valutare i «rilievi penali» dell'interruzione del lavoro di commissione (da uno a cinque anni di reclusione, dice la legge). Nel frattempo i deputati grillini si sono riuniti in assemblea e verso le 10 decidono di tenere occupata la commissione. Ma la miccia si accende altrove, alle 10.20. Alla commissione Affari costituzionali diversi deputati del M5S bloccano l'ingresso e poi occupano il tavolo del presidente Sisto (Fi). Si indice la votazione in fretta e furia, in un parapiglia indicibile. Spintoni e gomitate non si contano più. Il pidì Stumpo rompe di testa il picchetto sulla porta e, assieme al collega Fiano, guadagna il Transatlantico. Ma in sala stampa i grillini impediscono al capogruppo pidino Speranza di parlare alle tv: altra violenta rissa verbale con Di Battista che finisce subito in Rete. Tempo di contare i feriti, nuova assemblea dei Cinquestelle, dalle 12 alle 14. Si opta per un Aventino di giornata: né commissioni, né Aula (discussione generale sulla legge elettorale, «serve per eliminarci, peggio del fascismo», dirà Grillo).

Nel tardo pomeriggio, conferenza stampa per dare la versione dei fatti «corretta». Ressa, toni esacerbati. «Facciamo la pace se torna la democrazia», annuncia Di Maio. Eppure, come l'8 settembre, la guerra continua. Non si sa bene contro chi.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica