Una rivoluzione copernicana per la Giustizia: la visione di Carlo Nordio

Il saggio del Guardasigilli racconta trent'anni di degenerazione della magistratura e propone una visione per le cure possibili alla crisi del sistema

Una rivoluzione copernicana per la Giustizia: la visione di Carlo Nordio

Un j'accuse che non fa sconti alla categoria ritenuta più inattaccabile. Proveniente da un suo ex insider. Ma anche un manifesto per una giustizia degna di questo nome, la vera uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e l'equilibrio tra i poteri. Il libro del Ministro della Giustizia Carlo Nordio, Giustizia - Ultimo atto, pubblicato da Guerini e Associati, parla a tutto campo della sfida della riforma del sistema giudiziario in Italia e della corrosione che esso ha avuto nei trent'anni seguiti a Tangentopoli.

Nordio, già magistrato rigoroso, perora un nuovo equilibrio tra politica e giustizia che fermi lo strapotere delle procure, l'ubriacatura giustizialista e l'uso strumentale delle indagini per vincere battaglie politiche. Stigmatizza il fatto che per anni "la politica non rinunciò a servirsi delle indagini giudiziarie per eliminare gli avversari che non riusciva a vincere alle urne", facendo particolare riferimento ai casi di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Ricorda che la corruzione, dopo l'intervento del pool milanese negli Anni Novanta, non si è affatto arrestata, mentre i "rimedi approntati sono stati inutili o peggiori del male", puntando unicamente sulla questione punitiva e non sui controlli ambientali tali da impedire un'escalation dei reati e la voracità delle classi dirigenti.

Il principio di Nordio è chiaro e traspare dalle sue pagine: serve riaffermare la certezza della legge in dialogo, in non subordinazione e in dialettica col potere politico, ma al tempo stesso terminare il trentennio dei Robespierre delle procure che hanno arrogato, troppo spesso, agli avvisi di garanzia, alle inchieste e alle sortite giudiziare la decisione di decapitare carriere e, spesso, reputazioni personali. Nordio, da ex magistrato, denuncia la degenerazione delle correnti e mostra a tutti che il "re" è nudo tre anni dopo lo scandalo Csm e l'intercettazione di Luca Palamara. Vero e proprio big bang per le istituzioni giudiziarie.

Il saggio del Guardasigilli è anche un manifesto per l'attuale fase di rinnovato garantismo istituzionale. Innanzitutto bisogna far terminare l'anomalia italiana di sovraestensione della magistratura: in Italia, scrive Nordio, "la Giustizia non si è limitata a colmare vuoti normativi o a chiarirne le incertezze, ma ha interferito perfino nei due momenti più significativi della dialettica democratica, ovvero l'elezione dei rappresentanti del popolo e la formazione delle leggi". In secondo luogo - e chi scrive è un Pm che ha indagato su importanti casi di terrorismo e corruzione - va archiviata la figura del giudice "combattente": la magistratura deve accertare responsabilità penali individuali e capire le trame criminali, non farsi portavoce di teoremi.

Infine, serve riprendere lo spirito di cambiamento che ha ispirato i referendum non andati in porto nel 2022 e modificare il nodo della responsabilità civile, della certezza della pena, dell'assenza di una netta separazione delle carriere, riformando in particolare un codice penale che è ancora scritto sulla scia del Codice Rocco d'era fascista. Una "rivoluzione copernicana", scrive Nordio, per dare finalmente dignità alla parola "Giustizia". In nome della quale, troppo a lungo, in Italia si è sfociati nell'arbitrio.

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