"Roba da rivoluzione culturale cinese". Lo storico gela la sinistra anti-Meloni

Il docente universitario Alessandro Campi smonta la retorica di sinistra sull'antifascismo non dichiarato. "Logica da tribunale della storia. Non ci si dice antifascisti, lo si è"

"Roba da rivoluzione culturale cinese". Lo storico gela la sinistra anti-Meloni

Gli esami non finiscono mai. Soprattutto per il centrodestra, storicamente sottoposto al surreale vaglio dei progressisti sulle ricorrenze che dovrebbero unire il Paese. Dovrebbero, appunto. Le continue recriminazioni della sinistra ideologizzata continuano infatti ad alimentare divisioni evitabilissime proprio sulle date della concordia nazionale. Accade oggi contro Giorgia Meloni e il suo governo, accadeva in passato con Silvio Berlusconi, il quale tuttavia offrì una memorabile lezione di libertà e di pacificazione storica proprio durante un 25 aprile. Su questo fenomeno ha riflettuto, nella data odierna, il docente universitario Alessandro Campi, prendendo spunto proprio dalle polemiche pretestuose sollevate dalla sinistra contro l'esecutivo.

Antifascismo militante, "un copione già visto"

"È dal '94 che vediamo utilizzare quella che dovrebbe essere la festa di tutti come una ricorrenza che può essere giocata a certe condizioni contro i propri avversari... E da questo punto di vista è un copione già visto e conosciuto, non c'è una grandissima novità", ha affermato stamani su La7 il docente di storia delle dottrine politiche all'Università di Perugia. Commentando la missiva scritta dal premier al Corsera sulla festa odierna, Campi ha anche annotato: "È chiaro che c'è anche una difesa della propria storia politica e sarebbe strano se non fosse così...". In quell'intervento erano però contenute chiarissime prese di posizione che smentivano per l'ennesima volta certe accuse di presunte nostalgie fasciste. Meloni, al riguardo, ha parlato di "incompatibilità con qualsiasi nostalgia" del Ventennio.

Il 25 aprile delle divisioni perpetuate

Forse - ha proseguito Campi riferendosi alla sinistra - "questa richiesta continua di esami da parte di pezzi del mondo giornalistico, politico e culturale italiano è solo un modo per perpetuare divisioni che dovremmo lasciarci alle spalle, non nel senso di dimenticare i torti e le ragioni di un tempo, ma nel senso di ritrovare elementi di unità e di concordia che sono necessari alla vita di una comunità nazionale". Proprio stamani, mentre si celebrava la ricorrenza anche a livello istituzionale, dall'area dem arrivavano lamentele strumentali contro Giorgia Meloni per il fatto che non si fosse dichiarata antifascista. Come se tutto quello che aveva detto e fatto a sostegno dei valori democratici non contasse nulla.

"Non ci si dice antifascisti, lo si è e basta"

"Il passaggio di oggi è abbastanza dirimente rispetto alle preoccupazioni che si avevano e alle sollecitazioni arrivate a Giorgia Meloni. Poi, certo, se il problema è andare in tv, nei talk show e dire la frase magica 'io sono antifascista' e quindi fare questo atto di abiura, un pò da rivoluzione culturale cinese... Non ci si dice antifascisti. Si è antifascisti, che è una cosa completamente diversa. Non è una frase che può risolvere la complessità di una stagione storica", ha osservato al riguardo il docente universitario, soffermandosi proprio su quella insistente richiesta rispetto all'antifascismo. "Che si è antifascisti si può dirlo, certo, ma non in questa logica da tribunale della storia. È anche un modo per inquinare il dibattito pretendere abiure che non si sono mai pretese da parte di altri", ha chiosato.

Peraltro, a fugare certe speculazioni ci aveva pensato il premier proprio con l'odierno intervento sulla Liberazione.

"Nel momento in cui Giorgia Meloni dice che la Repubblica italiana è il frutto storico-politico dell'antifascismo, mi sembra che sia un punto di discrimine oltre il quale cosa c'è da chiarire ancora?", ha concluso il professore.

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