Questa sinistra, pur mandata alla malora con grosso contributo di entrambi, è sempre stata troppo stretta per tutti e due. Questo Pd, pur escogitato dal primo a onta del secondo, è saloon troppo angusto per un duello di tale levatura. Diciamoci la verità: l'Italia stessa è Paese troppo piccolo perché le reciproche e un po' senili ambizioni possano felicemente coesistere. Allora via, via da qui, corno in mano e biglietto di ritorno in tasca. La speranza è l'ultima a morire, uno soltanto avrà diritto al rientro con tutti gli onori.
L'ultima partita di Romano Prodi e Massimo D'Alema si gioca sullo scivoloso campo del Quirinale, ma sia l'uno che l'altro, non grandi elettori ma potenziali grandi eleggibili, hanno deciso di partire. Dopo aver lanciato il sasso, nascondono la mano e tutto il resto. Brigato hanno brigato, ragnatele ne hanno distese, ma per scaramanzia non se la sono sentita di annullare i viaggi previsti. Attenderanno con le valigie in mano che la roulette delle votazioni emetta il decreto finale: rouge ou noir, rien ne va plus.
Oggi il primo a imbarcarsi è il Professore bolognese, «viaggio in Africa programmato da tempo», conferma la signora Flavia. Niente pathos per l'elezione del Presidente, «posso solo sorridere; sono divisivo? Chiedete a mia moglie», si schermisce Prodi. L'orecchio resterà però attaccato al telefonino, Arturo Parisi col pallottoliere dall'altra parte (e non è un buon segno, ne converrete). Se le prime tre votazioni andranno a vuoto, ovvero salta lo schema di una possibile intesa tra il Pd e il Pdl, ecco che l'ex premier torna in campo sostenuto a gran voce dai renziani e sottotraccia dai grillini di Casaleggio. Importante non disfare le valigie, e magari prenotare per venerdì notte un volo del gran ritorno. Al resto penseranno gli uomini che in tutte queste settimane hanno discretamente condotto dentro e fuori il Parlamento la propaganda per il candidato più inviso al Cav, quello che sarebbe «una ferita inaccettabile», come dice Capezzone.
Ma prima che il gallo canti la quarta volta, è possibile che il Prof si ritrovi ancora una volta tirato giù, abbattuto, annientato dalla sua bestia nera, il vecchio Max D'Alema. Successe nell'ottobre '98, in qualche modo anche allora c'entrava il Quirinale (promesso a Marini), ma soprattutto il gusto del Nostro di non dargliela vinta, di smetterla con le ubbìe dell'Ulivo mondiale e tornare a un sano partito socialdemocratico alla Schroeder. D'Alema mosse ogni pedina possibile, dall'aulico Cossiga e i suoi amici americani al forbito barone rosso Bertinotti, sfilandoli giorno dopo giorno al loro amico naturale, cioé Prodi. Così oggi D'Alema ha cercato di lavorare molto sulla mina a orologeria posizionata a Palazzo Vecchio, il giovane Matteo Renzi, un rottamatore in cerca di incentivi. Non è escluso che anche Berlusconi nell'incontro di Parma abbia voluto perorare la buona causa dalemiana. Così la sorpresa potrebbe concretizzarsi alla terza votazione, venerdì, con gran regalo di compleanno per Baffetto, che i 64 anni li compie sabato. Altrimenti, viaggio di consolazione verso la Cina per la fondazione Italiani-europei, dove Prodi è di casa in qualità di consulente.
«Viaggio previsto da tempo», e comunque assai indicato per non assistere a spettacoli indecorosi, tipo la salita di Romano sullo scalone del Quirinale, e a non farsi andare la torta di traverso.Divergenze parallele corrono dritte verso il Colle. Alla fine ne resterà in piedi uno soltanto. Anzi, solo uno resterà in Italia.
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