«Sì alla comunione per i risposati Ma devono pentirsi»

«Non posso pensare ad una situazione in cui un essere umano è caduto in un buco senza più via d'uscita. Spesso egli non può tornare al primo matrimonio. Se questo è possibile, ci dovrebbe essere una riconciliazione con la moglie o con il marito, ma spesso questo non è possibile». Sulla questione della comunione ai divorziati risposati civilmente - il tema più controverso al centro del prossimo Sinodo sulla famiglia - parla il cardinale Walter Kasper, scelto da papa Francesco per la relazione al Concistoro dello scorso febbraio, che ora dà nuovi argomenti alla possibilità dell'«assoluzione» a queste persone e quindi alla loro ammissione ai sacramenti.
«Nel Credo - dice in una lunga intervista al magazine americano Commonweal - diciamo di credere nel perdono dei peccati. Se ci fosse questa mancanza, e ci si è pentiti, l'assoluzione non è possibile? La mia domanda passa attraverso il sacramento della penitenza, attraverso il quale abbiamo accesso alla santa comunione. Ma la penitenza è la cosa più importante: il pentimento per ciò che è andato storto, e un nuovo orientamento di vita. La nuova quasi-famiglia o la nuova partnership devono essere solidi, e bisogna vivere in modo cristiano. Un tempo di nuovo orientamento - metanoia - sarebbe necessario. Non per punire le persone, ma per un nuovo orientamento di vita, perché il divorzio è sempre una tragedia».
«La mia domanda - non è una soluzione, ma un quesito - è questa: l'assoluzione non è possibile in questo caso? E se c'è l'assoluzione ci può essere poi anche la santa comunione? Ci sono molti argomenti della nostra tradizione cattolica che potrebbe consentire a questo modo di procedere», spiega ancora Kasper.

A proposito poi della dottrina della Chiesa, che prescrive ai divorziati risposati di astenersi dai rapporti sessuali, per avere la comunione, osserva: «Vivere come fratello e sorella è un atto eroico, e l'eroismo non è per il cristiano medio».

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