Scatenato Sono vent'anni che dicono di volere tagliare le tasse e quando uno le abbassa fate le pulci sul mese

RomaDev'essere stato l'incontro con «un grande, il presidente Lula, che mi ha detto: “Non ho mai visto un'Europa così a testa bassa, avete bisogno di riprendere un po' di energia e voglia di vivere”». Invece ora sappiamo che Matteo Renzi c'è. Energico, allegro e ha fatto (già fatto?!).
Magari sarà invece la sindrome dello scorpione di Esopo, quello che punge la rana salvatrice e spiega: «È la mia natura». Se c'è telecamera, diretta televisiva, un pubblico, Matteo ridiventa se stesso, la sua natura, l'ex scout ganzo, che di battuta in battuta punge noi rane stupite e un po' rapite dall'energia, dalla voglia di vivere, dalla spirale che avvolge e finisce per portarti all'altro mondo. Il «suo» mondo.
Non è dato sapere se anche nel privato del Consiglio dei ministri Matteo sia proprio così. E d'altronde i tempi sono questi, grami assai, l'acqua è poca e la papera non si sa neppure se galleggia. Un po' d'ottimismo fa bene: ecco aver luogo la moltiplicazione dei piani e dei pesci, dei fondi e delle coperture. La «televendita» di Renzi, la definisce qualcuno senza fantasia e senza sorpresa. Anche perché la cosa sorprendente è che ci si sorprenda a seguirlo per un'oretta, calati a precipizio nel gioco di rimandi; perché lui sa che lo chiamano «venditore di pentole» (ieri la Meloni) e più volte gioca ad assumerne il tono, fino all'apoteosi papale papale del «venghino signori venghino» (quando parla delle cento autoblu all'asta sul web).
Renzi è un fuoco roteante di numeri, cifre e spiegazioni intervallate da «fatto!» (almeno un copyright a Berlusconi il ragazzo lo dovrebbe), «questo se permettete è un risultato straordinario», «storico», «una rivoluzione impressionante» «sono atti irreversibili», «mica siamo andati al bar», «mai visto un percorso di riforme così significativo». Non siamo al miracolo, poco ci manca. Le coperture non possono che essere «chiare», nella lingua di Renzi che non incespica. Chi ha l'ardire di metterlo in dubbio si vede rispondere che «la polemica è incredibile», che «i san Tommaso dovranno aspettare il 27 aprile, quando i soldi in busta gli italiani li vedranno, anzi dobbiamo cercare un modo di metterlo in evidenza sulla busta paga...».
La velocità del «rapidi!, rapidi!» pressa i cronisti, e trova il proprio completamento nelle slide che accompagnano il power point di Palazzo Chigi (da cui impazzano i tweet, hashtag lasvoltabuona), e dove a un certo punto compare persino un carrello della spesa (perché allora non pure la massaia?). Nel vortice la politica compare polverizzata qua e là in frasi che sembrano possedere virtù ovvie e incontrovertibili, quasi come i numeri dichiarati. «Se il Pd è insofferente, anche i cittadini lo sono». «Non vi sto rivendendo cose fatte da altri». L'abolizione del Senato trova la sua frase-cult in «315 stipendi in meno». Se non ce l'ha fatta a tagliare l'Irpef entro il primo aprile ma va al primo maggio può essere perché «l'avreste presa per un pesce d'aprile o forse sarà per un omaggio ai lavoratori» (mai lo sapremo; non sarà per le Europee?). Quello che non si può non si può, «se volevate che con 42-43 decreti si stabilisse che da domattina il mondo cambia, ve lo dico da misero laureato in diritto amministrativo: è impossibile». Però i fatti sono già «straordinari», «a dispetto dei gufi» e se «non vinco sul bicameralismo lascio la politica».

Dell'attualità liquida Renzi si dimostra il surfer indiscusso: inforca l'onda più alta e fragorosa e la doma, ci passa sotto, poi ci sbuca sopra, alla fine non sai se quello che si vede nella spuma gorgogliante sia una tavola da surf. O il relitto dell'Italia.

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