“Schlein venga qui per un bel seminario di realismo politico”. È il titolo dell’intervista rilasciata al Corriere del Veneto non da un rivale qualsiasi, ma da Paolo Giaretta, uno dei referenti più autorevoli del Pd nel Veneto. Classe 1947, già sindaco di Padova con la Democrazia Cristiana, parlamentare con i Popolari, con La Margherita, l’Ulivo e il Partito Democratico, Giaretta nel 2007 è stato anche primo segretario del Pd in Veneto. Negli ultimi giorni ha analizzato senza mezzi termini il risultato delle ultime elezioni amministrative.
Una sconfitta che ora apre una discussione tra i vertici dem. “Piccola premessa: non si può imputare una responsabilità specifica per il risultato alla segreteria nazionale – dice all’edizione locale del Corriere - poiché si tratta di un voto locale con tutte le sue particolarità. Ma diventerebbe una colpa, per la dirigenza, se non si volessero leggere i risultati nella loro assoluta evidenza”.
Secondo Giaretta la nuova linea del partito si sposta troppo a sinistra. “Può piacere o meno, ma chi vuole un Pd più schierato a sinistra si deve fare qualche domanda, a cominciare da Elly Schlein, che farebbe bene a frequentare un seminario nelle città del Nord dove hanno vinto i nostri candidati”. La vittoria di alcune città come Brescia, Udine e Vicenza sarà un punto su cui riflettere per il futuro del Pd. “Dove vinciamo, lo facciamo in conseguenza di un preciso modello, che non è il modello della sinistra dei diritti, ma quello del buon governo. Diciamo le cose con il loro nome: a Udine vinciamo con un democristiano, Alberto De Toni; a Vicenza, rivinciamo con un candidato troppo giovane per essere stato democristiano (Giacomo Possamai, trentatreenne eletto con l’appoggio di Azione e Italia Viva, ndr), ma che comunque viene da quell’humus e applica una logica molto inclusiva; a Brescia, abbiamo vinto con un’ex socialista (Laura Castelletti, anche lei sostenuta dai partiti di centro, ndr) proveniente da un’altra grande scuola del riformismo italiano”.
Giaretta avverte la dirigenza sulla collocazione del partito, che dovrebbe guardare più al centro. “C’è poco da fare, è così che si vince. Io capisco benissimo che un partito vive anche di simboli e di testimonianza, ma quando è il momento di competere servono persone come De Toni o Possamai e bisogna saper parlare a quel blocco di opinione pubblica che definiamo “moderata”. I mitologici bacini elettorali a sinistra non esistono.
Lo si è visto plasticamente quando Bersani, politico capace e persona perbene e simpatica, è uscito dal Partito Democratico per mettersi in proprio: alle elezioni, ha preso il 3%. Ci si illude, insomma, che esista un Paese diverso da come è fatto veramente. Per questo, serve una bella scuola di realismo politico”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.