Se il liberista Giannino cade sul libero mercato e grida al bavaglio

La radio del Sole 24 Ore gli sospende il programma. Lui, che scende in campo per le elezioni, si indigna

Se il liberista Giannino cade sul libero mercato e grida al bavaglio

Il mercato non guarda in faccia a nessuno. Quando è di umore perfido si diverte, come un vec­chiaccio dispettoso. È quello che è successo con il caso Oscar Gianni­no. La storia è breve. Il giornalista è stato sospeso da Radio 24. Nove in punto. La versione di Oscar verrà congelata dal 2 gennaio fino alle elezioni. Al suo posto arriva Si­mone Spetia. Perché la radio del Sole 24Ore , quindi di Confindustria, spe­gne Giannino? Non vuole rogne. Oscar forse si candida alle prossime elezioni. Fa politica. Ha messo su un movimento che già nel nome ha qual­cosa di titanico:Fermare il declino . Cor­re da solo. Non vuole allearsi con i vec­chi partiti. Qualcuno, da lontano, e con un certo grado di miopia, potreb­be confonderlo con Grillo, un Grillo li­berale e liberista, con una goccia di tea party nel sangue e il poster di Ronald Reagan in camera. Ergo, la perfetta an­titesi di Grillo. Giannino, soprattutto, sembra non avere nessuna intenzione di morire montiano, cioè democristia­no.

E qui c’è il primo perfido paradosso del mercato. Il sindacato degli indu­striali che dovrebbe avere il liberismo nel cuore e non solo nel portafoglio pre­ferisce il partito del loden, della spesa pubblica e delle tasse a quello del «Fa­re », del tea e della reagonomics . Gianni­no sarebbe troppo liberista o troppo poco democristiano per loro. Ma an­che la reazione dell’aristocratico intel­lettuale con barba e baffoni è uno scherzo del destino.

Giannino chiara­mente non gradisce, dice a denti stretti che prende atto della decisione del­l’editore e sibila un «è meglio che me ne vada perché così non creo un pro­blema ». I suoi amici, i suoi futuri eletto­ri, quelli che lo ascoltano ogni mattina parlano di censura e tradimento, si mo­bilitano su twitter e rivendicano la soli­ta libertà di stampa. La delusione è le­gittima. Solo che qui non c’è nessun di­ritto in ballo e neppure è il caso di sco­modare la libertà di stampa o la censu­ra.

Radio24 è un’azienda privata e può decidere di fare a meno di Giannino. Anche se sbaglia i conti. Anche se per­de ascoltatori. Anche se è irrazionale, oppure semplicemente perché ci tie­ne ad apparire agli occhi del mondo su­per partes, bluffando come fanno tut­ti. Giannino non si può lamentare nep­pure se Radio24 comincia a martellar­si i gioielli di famiglia. Peggio per loro. Il mercato osserva e lascia fare. Saran­no i consumatori di chiacchiere a defi­nire quanto costa la perdita di Oscar. Magari è zero, magari è cento. Vallo a sapere, i consumatori di chiacchiere mica sono normali, spiazzano, sono imprevedibili, ascoltano Spetia e si in­namorano, si accorgono che Nove in punto era una droga e si disintossica­no, oppure in massa scoprono un’al­tra radio. Alla fine se la Confindustria sta con Monti perché gli piace perdere facile non è un affare che riguarda Giannino. Quello che può fare è conti­nuare a dire, ovunque lo ascoltino, che nella lista Monti, con agenda in allega­to, c’è troppa gente con la politica delle clientele nel dna.

L’unica cosa certa è che Giannino non può gridare al martirio come un Santoro qualunque. Questo è già un paese dove se uno capita, per racco­mandazione, talento o buona sorte, in prima serata Rai poi ci resta vita natu­ral durante con sentenza del giudice del lavoro. Giannino è diverso.

Non può mica passare alla storia come l’in­tellettuale liberista inciampato nelle leggi del libero mercato.

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