Nonostante il premier Enrico Letta e il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni continuino a presentare il 2014 come l'anno della rinascita del Belpaese, i principali indicatori economici raccontano una realtà di gran lunga diversa. I primi segnali di ripresa ci sono, è vero. Basta dare uno sguardo al bollettino dell'Istat sullo stato di salute dell'industria italiana per capire che è in atto una timida ripresa. Tuttavia, la situazione non è così rosea come Letta & Co. vorrebbero farci credere. "Nonostante il successo del governo nel proseguire il consolidamento fiscale - si legge nell'Economic outlook dell'Ocse - il debito pubblico italiano sta continuando a salire in rapporto al pil e, per garantirne un rapido declino, potrebbero essere necessarie nuove misure di aggiustamento".
"Sulla spesa pubblica si cambia verso". Nel suo intervento alla cerimonia per i novant'anni del Consiglio nazionale per le ricerche, Letta ha parlato del 2013 come "un anno di transizione" in cui il governo ha scelto di "fermare alcuni processi su tagli, deficit e debito". "Ora si devono eliminare gli sprechi per utilizzare nel modo più produttivo le risorse - ha aggiunto il premier - i tagli si devono fare dove è necessario". Insomma, a detta del capo del governo, il 2014 sarà un anno "significativo e importante". "L'inversione di marcia - ha assicurato - ci consentirà di prendere la strada della crescita". Tutto rose e fiori. Lo stesso scenario che da settimane tenta di dipingerci anche Saccomanni la cui ricetta per far ripartire il Belpaese è stata bocciata pure dalla Banca d'Italia. Bisogna dar merito all'ottimismo ostentato dal governo che una timida ripresa è in atto. Il fatturato dell’industria, per esempio, ha segnato nel mese di settembre il secondo aumento consecutivo su base mensile, anche se limitato a un +0,1% a causa della cattiva performance dell’estero. Su base annua, però, l'Istat ha registrato ancora un calo dell'1%, il ventunesimo consecutivo. La caduta, tuttavia, sta rallentando. Ancor meglio vanno gli ordinativi dell’industria che, sempre a settembre, sono saliti dell’1,6% rispetto al mese precendente. Su base annua il dato ha registrato un aumento del 7,3%, grazie alla spinta arrivata dall’estero. "Si tratta del rialzo annuo più alto da maggio 2011", fanno notare dall'istituto di statistica.
La situazione sembra muoversi, ma non è così rosea come Letta è andato a venderla in Europa. "Letta gode di un grande consenso - ha commentato il capogruppo di Forza Italia alla Camera, quello suo e delle sue certezze. Le sue certezze sulla ripresa, sulla crescita del pil, sulla riduzione della pressione fiscale, sui tagli alla spesa pubblica". Non è solo il parlamento a non dare credito alle misure messe in campo dall'esecutivo per cavalcare questa timida ripresa. La Commissione europea ha già invitato Saccomanni a riscrivere la legge di Stabilità, mentre il Wall Street Journal ha dedicato un editoriale per bocciare il modello fiscale italiano. "Con una economia che stenta a ripartire ed una disoccupazione a livelli record - si legge nell'editoriale - il peso delle tasse in Italia potrebbe distruggere le prospettive di ripresa". Secondo il giornale statunitense, proprio "l’enorme peso delle tasse" su aziende e lavoratori è una delle principali cause della scarsa crescita dell’Italia negli ultimi dieci anni, addirittura "la più bassa tra i 34 Paesi dell’area Ocse". E proprio nell'Economic outlook dell'Ocse si legge che, sebbene l'Italia stia uscendo dalla recessione registrando una crescita nel 2014 e nel 2015, "la fiacchezza dell’economia resterà grande".
Per combattere questa "fiacchezza" la ricetta è semplice: prendere la mannaia e tagliare la pressione fiscale. Purtroppo Letta, che vive in un magico mondo di crescita e ripresa, non sembra affatto orientato in questo senso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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