Se la sinistra non vota la mozione (di sinistra) contro la dittatura in Venezuela

A Milano presentata una mozione in sostegno dei dissidenti contro Maduro. Ma il sindaco Sala tace e due consiglieri si astengono

Se la sinistra non vota la mozione (di sinistra) contro la dittatura in Venezuela
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Un sindaco che non esprime pareri, due consiglieri che non votano. È la sinistra ambigua, anche sul Venezuela. Ambigua su una vicenda rilevante per la democrazia e la libertà di un popolo.

È una campagna importante, infatti, quella sta scuotendo la dittatura sudamericana guidata da Nicolàs Maduro. Una campagna che vede impegnati partiti e istituzioni di mezzo mondo, eppure nostri progressisti sembrano disinteressati, estranei a queste istanze. Almeno a giudicare da quanto accaduto a Milano, dove una mozione contro la dittatura e pro dissidenti - presentata da consiglieri della maggioranza di centrosinistra - è stata approvata sì, ma senza parere della giunta e con l’astensione di due consiglieri del Pd, mentre altri due esponenti della sinistra sono rimasti fuori dall'aula.

Un esito che potrebbe apparire sorprendente, o paradossale, ma tutto sommato non lo è. Il disimpegno milanese si aggiunge infatti alle molte clamorose incoerenze di uno schieramento politico che a parole difende la democrazia - dove c’è già - ma di fatto non fa niente per sostenerla nei Paesi sottoposti a regimi tirannici e violenti, soprattutto se questi regimi appaiono come di sinistra e si dichiarano nemici dell’Occidente, come senz’altro fa quello di Caracas.

Negli anni scorsi simpatie pro Maduro erano emerse nella sinistra grillina, soprattutto nella sua ala più populista. Ed evidentemente non sono circoscritte a settori dell’antagonismo, queste simpatie.

A Palazzo Marino due consiglieri (Simonetta D'Amico e Angelo Turco) non hanno voluto dire sì alla mozione di dei "Riformisti" (Azione e Italia viva) e il sindaco di Milano, che si vorrebbe un campione dell’ala liberaldemocratica del Campo largo, Beppe Sala, non ha trovato il modo di esprimersi a suo favore, evidentemente, visto che l'assessora Elena Grandi ha comunicato che la giunta si sarebbe rimessa al voto dell'aula.

Eppure la mozione presentata a Milano a sostegno della dissidenza venezuelana non aveva contenuti politicamente divisivi: riprende testi già approvati altrove, su spinta soprattutto dei venezuelani. La vicenda infatti parla molto d’Italia, anche per una nutritissima comunità di Italo-venezuelani, discendenti di connazionali emigrati in anni in cui il Venezuela era molto prospero. E ricco lo è ancora, almeno di materie prime, ma il regime illiberale che ha in mano Caracas lo ha condannato. Maduro infatti ha portato avanti le disastrose teorie «economiche» del suo predecessore, Chàvez, e ha ridotto alla miseria, e all’oppressione, il suo stesso popolo.
La situazione è ulteriormente peggiorata con le recenti elezioni, in cui si sono verificati brogli e violenze. E il testo di indirizzo, firmato da Daniele Nahum, Giulia Pastorella, Gianmaria Radice e Carmine Pacente) era chiaramente impostato sulla difesa della democrazia. «Il Consiglio Comunale impegna, tra le altre cose, il sindaco e la Giunta a condannare l’uso delle detenzioni arbitrarie e della persecuzione politica come strumenti per reprimere l’opposizione in Venezuela» ha spiegato Nahum (consigliere di Azione di cui si è molto parlato mesi fa per l’uscita dal Pd spiegata sostanzialmente con l’ostilità del partito per Israele).

La mozione - ha scritto ancora Nahum - impegnava la giunta e sindaco a «richiedere il riconoscimento di Edmundo Gonzales Urrutia (il rivale di Maduro, ndr) come presidente eletto per volontà popolare». «Sono davvero stupito che la Giunta non abbia espresso parere positivo rimettendosi all’Aula» ha commentato, ringraziando chi ha contribuito al «preziosissimo lavoro» per la libertà e la democrazia in Venezuela.

Resta la delusione.

E si aggiunge a quanto accaduto pochi giorni fa nella vicina Pavia, dove una mozione analoga, presentata da Matteo Chiù di Fdi, ha visto da un lato 12 voti favorevoli e dall'altro 6 contrari e dieci astenuti. Tutti di centrosinistra.

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