Il senso del no al referendum

Dopo il giudizio della consulta la sinistra perde un efficace cavallo di battaglia

Il senso del no al referendum
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Alla fine il referendum abrogativo sulla legge sull'autonomia differenziata su cui l'opposizione aveva puntato le sue carte per dare una spallata e dividere l'attuale maggioranza non si farà. La Corte Costituzionale non lo ha ammesso. E come sempre quando si promuovono in politica iniziative che non hanno una esito felice si è investiti da un effetto boomerang. Perchè a questo punto l'autonomia, espressione che seppure contenuta nella nostra Costituzione (come ha ricordato ieri la Consulta) la sinistra spesso ha scambiato per una parolaccia, è entrata a far parte come riforma nel nostro ordinamento. Qualcuno dirà che in fondo la legge varata dal governo rispetto alle idee della Lega è all'acqua di rose, ma lo era anche quando l'opposizione ha deciso di raccogliere le firme per il referendum, e ora - tanto o poco che sia - con le indicazioni suggerite dalla Consulta qualche settimana fa ha ricevuto il bollino di costituzionalità.

Chi ha vinto? Sicuramente la premier e il governo. Avrebbero dovuto sostenere una battaglia referendaria rifugiandosi in una strategia complicata come quella di dover puntare sull'astensionismo e con una maggioranza divisa da diverse sensibilità: Forza Italia e Fratelli d'Italia, condizionati dalla forte presenza elettorale nel meridione, non sarebbero stati per nulla entusiasti di cimentarsi nella battaglia e c'era il rischio che qualche realtà, a cominciare dalla Calabria, avrebbe potuto abbracciare il quesito del referendum. La decisione della Corte semplifica il problema, spazza via l'ostacolo referendario ed evita polemiche interne alla maggioranza. Per la Lega, invece, finisce in pareggio. Salvini, Calderoli e soci probabilmente non sono del tutto entusiasti della riforma, avrebbero voluto strappare qualcosa di più e magari pregustavano una campagna referendaria che avrebbe mobilitato la loro base e catalizzato l'elettorato sul un tema come l'autonomia che ha provocato la genesi del movimento e ne costituisce il DNA. Il rischio di perdere il referendum però sarebbe stata un'eventualità tutt'altro con conseguenze incalcolabili per il movimento. Alla fine allo stato maggiore del Carroccio conviene accontentarsi del bicchiere mezzo pieno.

Chi, invece, ha perso una buona occasione è l'opposizione. Il referendum sull'autonomia, infatti, era la battaglia che avrebbe potuto unificare tutte le diverse realtà del «campo largo». Avrebbe potuto battezzare in una campagna comune lo schieramento alternativo all'attuale maggioranza. E, invece, niente. Dopo il giudizio della consulta, quindi, la sinistra perde un efficace cavallo di battaglia. E da qui alla fine della legislatura rischia di non avere altre occasioni per consacrarsi in una sfida unitaria visto che probabilmente il premierato, se si analizza il comportamento del governo, non verrà alla luce in questa legislatura. Resta il tema della giustizia e delle separazione della carriere tra giudici e pm: il più ostico.

A leggere gli ultimi sondaggi ormai la maggioranza dell'opinione pubblica comincia a condividere il rischio di una magistratura troppo politicizzata. E, comunque, sull'argomento dentro la sinistra le posizioni sono diverse. Insomma, la decisione della consulta per l'opposizione se non è una sconfitta, è un'occasione persa.

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