Sequestro-lampo di due volontari italiani

Non sono giunte né una rivendicazione né una telefonata per spiegare il gesto. Il contatto con gli estremisti sarebbe stato raggiunto dal Sismi

Gian Micalessin

La zona è sempre la stessa. Sempre lo stesso dedalo di rovine, miseria e disperazione tra la città di Khan Younis e il valico di Rafah, al confine con l’Egitto. Laggiù, in quel lembo meridionale della Striscia di Gaza senza legge e senza governo, è iniziato ieri pomeriggio l’inseguimento di Gianmarco Onorato e Claudio Moroni, conclusosi poi con il rapimento sulla strada che conduce verso la città di Gaza. Laggiù, in quel piccolo inferno, sono stati sequestrati, negli ultimi due anni, almeno una trentina fra giornalisti e operatori stranieri. Tutti sono sempre ritornati in libertà dopo qualche ora o al massimo, ma assai di rado, qualche giorno di prigionia. Anche stavolta, la vicenda si è chiusa con il lieto fine. Gianmarco Onorato, 63 anni, capo delegazione della Croce rossa italiana, e Claudio Moroni, 36 anni, psicologo dell’organizzazione, sono infatti stati rilasciati in serata grazie a un'operazione dei servizi segreti italiani del Sismi. Gli uomini dell'intelligence sono riusciti a stabilire un contatto con uno dei sequestratori e a concludere l'operazione.
Sono state tuttavia ore di angoscia. Ecco la cronaca. I volontari italiani, impegnati in una visita ai tre centri di assistenza psicosociale nella Striscia di Gaza gestiti da oltre dieci anni dalla Croce rossa italiana, si muovono senza scorta e a bordo di un taxi palestinese. Durante la visita ai centri tutto sembra tranquillo e normale. La normalità in quella zona. agitata da scontri tra bande armate e lotte di clan, è finita però da anni. A Gianmarco Onorato e Claudio Moroni tocca, probabilmente, lo stesso destino dei loro predecessori. Qualcuno vede i due stranieri a bordo del taxi, mobilita i propri compagni in armi, e si mette sulle tracce degli stranieri in attesa dell’occasione propizia per l’agguato. L’imboscata scatta a Deir Balah, un piccolo centro a metà strada tra il sud e Gaza City. Alla prima fermata il taxi di Moroni e Onorato viene circondato da un gruppetto di miliziani armati di kalashnikov. L’autista alza le mani, i banditi aprono la porta, i due italiani vengono spinti con le canne dei mitragliatori verso un’altra vettura.
Da quel momento fino a tarda sera nessuna notizia. Non una rivendicazione, non una telefonata. Quel silenzio e l’assoluta mancanza d’indicazioni da parte palestinese preoccupano un po’ più che in passato, ma non fa pensare a un rapimento anomalo. Probabilmente il gruppetto di cani sciolti autori del sequestro stava ancora cercando di capire come muoversi, cosa chiedere in cambio della liberazione e soprattutto a chi rivolgersi. In teoria l’interlocutore naturale dovrebbe essere l’Autorità palestinese, già ricattata in passato per ottenere la liberazione di familiari arrestati o semplicemente per ottenere posti di lavoro. Si ipotizzavano anche richieste in denaro o favori anche alla presidenza di Mahmoud Abbas, più sensibile alla sorte dei volontari stranieri.
Ieri il ministero degli Interni palestinese, controllato da Hamas, aveva decretato lo stato di massima allerta nella zona sud di Gaza. «Siamo determinati a liberarli, recuperandoli sani e salvi», aveva detto il portavoce del dicastero Khaled Abu Hillal.
L’altra ipotesi, pericolosa ma abbastanza remota, è che i rapitori siano legati a gruppuscoli ultrafondamentalisti fuorusciti negli ultimi mesi dalle file delle formazioni tradizionali per dar vita a cellule radicali collegate con quelle di Al Qaida attive nel Sinai. Qualcosa del genere capitò ai due sfortunati giornalisti americani di Fox Tv liberati dopo un mese di difficili trattative.

L’avventura dei nostri due volontari si è fortunatamente conclusa allo stesso modo di quella di Lorenzo Cremonesi, il giornalista del Corriere della Sera rapito nel settembre del 2005, o di Alessandro Bernardini, un free lance italiano prelevato lo scorso primo gennaio. Sia Cremonesi che Bernardini vennero rimessi in libertà la sera stessa del sequestro senza subire maltrattamenti o violenze.

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