Speravano di farla franca. Vuoi per la vittoria che nell'autunno scorso li ha portati alla conquista della Regione con Rosario Crocetta. Vuoi per il successo, in questi giorni, delle amministrative: Enzo Bianco eletto sindaco a primo turno a Catania; Felice Calabrò a Messina che per un soffio non ha centrato la vittoria a primo turno anche lui; gli altri candidati sindaci di Siracusa e Ragusa saldamente al ballottaggio. E invece la scure della spending review, come già accaduto per i colleghi del partito nazionale, si è abbattuta anche sul Pd siciliano: otto dipendenti, dall'1 luglio, in cassa integrazione al 50%. Causa dello stop al finanziamento pubblico ai partiti, deciso - ironia della sorte - dal governo guidato dal proprio vicesegretario Enrico Letta. Ma colpa, secondo i siciliani, anche degli sprechi si sarebbero consumati all'ombra della "fu" falce e martello in riva al mare. Di qui la lettera, di fuoco, pubblicata dall'agenzia Ansa, in cui gli otto, inferociti, oltre che protestare, intimano al segretario, Guglielmo Epifani (che per i ballottaggio sarà in Sicilia) di «non versare più un euro al partito regionale».
Il modus licenziandi descritto nella missiva è uguale a quello di tutti i padroni del mondo, con buona pace degli slogan democrat sulla tutela del lavoro. I lavoratori denunciano che lo scorso 30 maggio la tesoriera regionale per la Sicilia Teresa Piccione, ha riunito il comitato di tesoreria «ignorandoci totalmente», e che «nonostante la cautela dei componenti, con un gesto di imperio, metteva ai voti la proposta di cassa integrazione al 50%». Proposta approvata. «Non possiamo essere noi - prosegue la missiva - a pagare le spese di una amministrazione che ci ha portati fino a questo punto. I nostri stipendi sono dignitosi, ma nulla di più. Qualche altro, invece, usufruisce di compensi ben più elevati». Ed ecco la denuncia sugli sprechi. I dipendenti chiedono infatti la convocazione della direzione regionale «per discutere e fare chiarezza su come sono state gestire le risorse.
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