Leggiamo e strabuzziamo gli occhi. Gli Stati Uniti e l'Unione europea sostengono che il referendum svoltosi in Crimea, il cui esito ha decretato il passaggio di questo Paese dall'Ucraina alla Russia, sia illegittimo e pertanto vada annullato. In base a quali elementi si cerca d'invalidare un plebiscito? Si parla di brogli, ma ciò è assurdo visto che una schiacciante maggioranza degli abitanti ha votato in favore del proprio ritorno fra le braccia di Mosca.
Di solito si confondono le carte quando il risultato è incerto e bastano pochi suffragi a determinare la vittoria di una parte o dell'altra. Nel presente caso non c'erano dubbi sul trionfo dei filorussi. E allora dov'è il problema? Sta nel fatto che il rimescolamento degli assetti nazionali in quell'area non garba né a Washington né a Bruxelles, riluttanti a riconoscere a Vladimir Putin l'autorità di dirimere un contenzioso nel quale sono in ballo interessi importanti sia per la Crimea sia per la Russia. Tutto qua. Le questioni di cassetta, poi, non sono mai estranee alle guerre, fredde o calde non c'è differenza. Cosicché, quando fa comodo, i referendum sono la più alta espressione della democrazia, perché riflettono la volontà popolare in forma diretta; quando invece non fanno comodo, li si liquida quali esercizi di volgare populismo.
Il conformismo dominante, cifra sempre in voga, allorché si tratti di squalificare qualcuno (o qualcosa) e di emarginarlo nel disprezzo, taccia il reprobo di demagogia, e subito i signorini del politicamente corretto danno segni di ampio assenso. Fino a poco tempo fa, anche in casa nostra, come in tutto il mondo civile, l'autodeterminazione dei popoli era considerata un dogma imprescindibile. Adesso, dato che vi si è appellata la Crimea in accordo con Mosca, è una sorta di ciarpame da riporre nel dimenticatoio.
È talmente chiara la malafede di coloro che hanno sanzionato la Russia da non meritare alcuna chiosa. Quanto a Putin, può essere simpatico o no (è ininfluente), ma ha di sicuro più carisma di Barack Obama e di qualunque leaderino europeo. Il suo Paese, seppellito il comunismo poco più di vent'anni orsono, è riuscito rapidamente a recuperare il terreno perduto mentre inseguiva la chimera del collettivismo perfetto e, pur tra mille grane irrisolte, compresa l'ingiustizia sociale, ovvero una forte disparità fra ricchi troppo ricchi e poveri troppo poveri, è riuscito a diventare una potenza mondiale.
Ed è proprio questo a infastidire le nazioni a più lunga tradizione democratica. Esse non si capacitano che l'ex impero sovietico, crollato sotto il peso della miseria e di un sistema fallimentare, sia risorto grazie al turbocapitalismo, di cui il presidentissimo è la guida. Paradossalmente, in Italia, gli odiatori più feroci di Putin, manco a dirlo, sono gli stessi beoti che amavano Stalin e Breznev, a dimostrazione che peggio dei postcomunisti - coloro che hanno cercato di superare con successo l'inganno della dittatura del proletariato - ci sono soltanto gli ex comunisti, che non hanno perso né il pelo né il vizio.
P.S.
La Russia, oltre a subire varie sanzioni che le sono state inflitte dai potenti della Terra, non avrà facoltà di partecipare all'imminente G8. Nonostante ciò, nelle piazze di Mosca non si segnalano scene di disperazione, tipo gente che si strappa i capelli. Diciamo che il sentimento dominante è l'indifferenza, con qualche punta d'ilarità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.