Matteo Renzi è un furbacchione, capace di mentire anche a se stesso per assicurare agli altri che dice la verità. In sostanza ha tutte le caratteristiche, le più importanti, per essere un buon politico. Ma questa è soltanto una nostra sensazione - sorella dell'opinione - che potrebbe essere poi smentita dagli accadimenti. Che fare per appurare se il sindaco di Firenze sia un fuoriclasse oppure un bluff? Come nel poker, bisogna andare a vedere. Cioè mettere alla prova il segretario del Pd, mandandolo difilato a Palazzo Chigi in sostituzione di Enrico Letta, persona ammodino, ma talmente tiepido da risultare ininfluente sui (pessimi) destini italiani.
Scusate il bisticcio, ma non è più tempo di perdere tempo. Andare avanti - anzi, restare immobili - con questo premier alla camomilla è utile solo a rafforzare negli italiani la convinzione che la prognosi sia infausta e che ci attenda una morte lenta fra atroci tormenti. Bisogna cambiare, tentare una svolta. Dato che il giovin Matteo ha dimostrato di avere meno scrupoli che timori, buttiamolo in piscina, nell'acqua alta, così scopriremo se è un nuotatore o se anche lui necessita della paperella per galleggiare.
Il ragazzo sa parlare, sa stare al mondo, non è timido, non esita a osare laddove non osano neanche le vecchie pantegane della politica. A giudicare dall'eloquio e dalle apparenze, egli riesce a piacere persino a coloro i quali - a me, per esempio - ne detestano il partito, rimasuglio insignificante della mummia comunista. Ma per «pesarlo» seriamente è bene non appigliarsi ai pareri dei critici televisivi, facendoli nostri: occorre verificare se egli sia in grado di trasformare i suoi buoni propositi in realtà palpabile.
Poiché le opere di Letta sono di certo impalpabili, rinunciamo al governo in carica e diamocene un altro presieduto da Renzi, sperando che Dio ce la mandi buona, come diceva quel parroco mentre aspettava alla stazione la neoassunta perpetua. Non abbiamo alternative in questo momento. Lo stesso Renzi, ciurlando nel manico, ha dichiarato: «A me conviene votare, ma all'Italia no». Falso. A lui non conviene affatto votare in quanto i sondaggi indicano in Silvio Berlusconi il probabile vincitore. Quindi, calma e gesso. Diciamo piuttosto che le elezioni anticipate non vanno a genio a nessuno. Chi le avversa per un motivo e chi per un altro. Il Cavaliere, per esempio, pur avendo qualche chance in più del Pd, preferisce attendere ancora un annetto prima di misurarsi col voto politico, al fine di riorganizzare, nel frattempo, Forza Italia e di conoscere la decisione dei giudici in merito alle modalità con cui egli dovrà scontare la propria condanna per la nota vicenda giudiziaria.
D'altronde siamo alla vigilia delle europee, che forniranno indicazioni precise circa gli umori dei cittadini. Un test importante per qualunque dirigente politico. Attualmente in Parlamento una maggioranza c'è, la medesima che sostiene Letta e che potrebbe sostenere Renzi. E allora tanto vale limitarsi a sostituire il presidente del Consiglio: fuori Letta, dentro Renzi. Se quest'ultimo compisse il miracolo - con l'appoggio discreto di Berlusconi - di realizzare due o tre riforme, o magari quattro, sarebbe un trionfo per lui, per il suo socio e per il Paese, oggi anchilosato, paralizzato e rimbambito.
Ecco perché consideriamo fondamentale l'incontro di lunedì al Quirinale tra Giorgio Napolitano e il premier di carta velina. Potrebbe sortirne la sospirata novità ovvero l'avvicendamento di cui sopra: Matteo al posto di Enrico. Non siamo in grado di anticipare quale dei due sia più in gamba. Ma siamo sicuri che peggio di Letta non vi è nessuno, pertanto chi lo sostituirà non avrà molte difficoltà a non farlo rimpiangere.
Questi non sono che i preliminari. Prudenza impone di non sbilanciarsi, anche perché la nostra non è una democrazia normale e ci ha abituati alle sorprese.
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