L'intervento di Papa Francesco, durante l'Angelus di domenica scorsa, è stato particolarmente severo nei confronti dell'uso della violenza e della guerra come metodo di risoluzione dei conflitti. Il riferimento era alla Siria: e proprio per sostenere la pace nel Paese, il Pontefice ha invitato i fedeli e il mondo intero a una giornata speciale, per sabato 7 settembre, di preghiera e digiuno. L'appello al digiuno per la pace in Siria è già stato raccolto da molte associazioni cristiane e ha subito suscitato reazioni. È ancora attuale una «pratica» così antica e spirituale? E se sì, perché?
Non foss'altro che per aver scritto su questo giornale un articolo in cui esprimevo la mia contrarietà a un intervento bellico in Siria teso a porre fine ai massacri in corso in quel Paese, sono d'accordo col Papa che ha lanciato un appello in favore della pace, dicendo che «guerra chiama guerra» e la violenza non ha fine. Personalmente aggiungo - anzi, ribadisco - che una missione militare per placare la furia omicida di Assad sarebbe inutile, e non solo devastante, per un motivo prevalente: analoghe iniziative armate non hanno risolto nulla in Afghanistan, in Irak e in altri Paesi sconvolti da conflitti intestini. È da sciocchi illudersi che la democrazia sia esportabile.
Detto questo, del discorso di Francesco, al di là dei contenuti religiosi che non mi trovano sensibile, condivido poco l'invito rivolto a tutti, credenti o no, a digiunare sabato 7 settembre allo scopo di sostenere spiritualmente la campagna per la fraternità. So benissimo che il pontefice non può rinunciare al proprio bagaglio culturale né dimenticare le tradizioni della Chiesa, di cui il digiuno fa parte, ma non vedo alcuna attinenza tra l'esigenza di non sparare, dove già si spara troppo, e il rifiuto del cibo.
Mi è difficile pensare che il Padreterno aiuti più volentieri i cristiani a stomaco vuoto a ottenere il cessate il fuoco in Medioriente, piuttosto che quelli - con lo stesso intento - incapaci di andare a letto senza cena. In altri termini, mi sembra un modo un po' antiquato, quello di digiunare, per invocare una grazia. Convengo, il mondo è pieno di peccatori che, per farsi perdonare le loro debolezze, sarebbero chiamati a compiere qualche sacrificio dedicato al cielo. Mi domando però che razza di sacrificio possa essere, quello di saltare un pasto o due, per la gente occidentale, notoriamente in lotta contro l'obesità, l'ipercolesterolemia e il diabete, cioè tutta roba provocata da eccessi alimentari.
Non mangiare, per un popolo afflitto dall'adipe, è una terapia salvavita di per se stessa, ma non per i siriani, ai quali viceversa non farebbe tanto bene un ramadan aggiuntivo, visto che sono impegnati a salvarsi più dall'inedia che dalla ciccia. Insomma, non desidero essere irriguardoso nei confronti di Papa Bergoglio, ma questa sua iniziativa di sapore pannelliano mi lascia perplesso, anche in considerazione dei modesti risultati conseguiti dal leader radicale con le sue privazioni di cibo, alle quali gli italiani si sono abituati e non badano più. Pannella digiuna? Amen. Non fa altro da trent'anni, povera anima. Talché gli è toccato passare dallo sciopero della fame a quello della sete per fare notizia.
Dispiacerebbe che anche Francesco si mettesse su questa strada e fosse costretto a farsi ricoverare disidratato al Gemelli per non correre il rischio di andare anticipatamente in paradiso. Ma ciò che egli dovrebbe assolutamente evitare è di accodarsi alla moda delle tv e dei rotocalchi, dove imperversano i consigli per dimagrire.
di Vittorio Feltri
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.