Stop all'Iva e all'Imu, si cercano 6 miliardi: ecco il piano di Letta

Saccomanni al lavoro per "congelare" l'aumento dell'aliquota: serve almeno un miliardo di euro. Faro del ministero dell'Economia su immobili, accise e tagli alla spesa

Il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni arriva all'Ecofin
Il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni arriva all'Ecofin

Almeno quattro miliardi qualora venisse cancellata l’Imu sulla prima abitazione. Altri due miliardi qualora si volesse rimandare l’aumento dell'aliquota Iva fino a dicembre. Una spesa massima di sei miliardi di euro. A una settimana dallo "scatto" dell’aliquota dal 21% al 22%, il governo è ancora al lavoro per reperire le risorse economiche necessarie a scongiurare l'ennesima stangata ai contribuenti. Le valutazioni sull’Iva non possono, tuttavia, prescindere da quelle sull'imposta sugli immobili dal momento che, entro agosto, l'esecutivo dovrà procedere anche con la revisione dell'Imu: altre coperture saranno, dunque, necessarie se si deciderà di abolirla o, comunque, rimodularla al ribasso per tutelare alcune categorie di proprietari. Senza contare che il premier Enrico Letta è fortemente intenzionato a ridare slancio al mercato del lavoro attraversi un pacchetto di misure che, mercoledì prossimo, arriverà sul tavolo del Consiglio dei ministri.

Proprio per fare il punto sulle misure allo studio e sulle relative coperture economiche, Letta ha ricevuto ieri il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni e il titolare del Lavoro Enrico Giovannini. Se il secondo ha illustrato al presidente del consiglio le misure sull’occupazione che andranno in Consiglio dei ministri, l’incontro con Saccomanni è servito a fare il punto della situazione alla vigilia di tre appuntamenti importanti: oltre al Consiglio dei ministri, mercoledì prossimo si riunirà anche l’Ecofin per dare il via libera all’unione bancaria, mentre giovedì e venerdì si terrà il Consiglio europeo con al centro le misure per il lavoro. Per l’aumento dell’Iva la soluzione più plausibile sembra al momento quella di un rinvio. Dopo le tensioni nell’esecutivo emerse alla vigilia del fine settimana, Letta ha cercato di placare gli animi dicendosi fiducioso sulla possibilità di evitare o, perlomeno, spostare la stangata voluta dall'ex premier Mario Monti. Un congelamento di tre mesi che, però, avrebbe per le casse dello Stato un salasso di circa a un miliardo. Salasso che potrebbe anche lievitare a un paio di miliardi qualosa, come ipotizzato dagli analisti di via XX Settembre, si rinviasse fino alla fine del 2013. Non solo. Qualora venisse cancellato il balzello di un punto percentuale, il governo dovrebbe reperire, a partire dall'anno prossimo, 4 miliardi di euro ogni anno per riuscire a rispettare gli impegni presi con Bruxelles. Non a caso, il viceministro all’Economia Stefano Fassina ha parlato esplicitamente di un rinvio necessario per affrontare poi il problema in modo definitivo con una legge di stabilità che inserisca l’abolizione dell’aumento nel budget per il 2014. Per l'anno prossimo saranno, infatti, a disposizione gli oltre 80 miliardi di euro "liberati" dalla chiusura della procedura di infrazione dell'Unione europea nei confronti dell’Italia.

"Sto lavorando, c'è da lavorare - ha assicurato Saccomanni - stiamo individuando delle opzioni. Ma il governo le valuterà collegialmente". Sul tavolo del dicastero dell'Economia resta il problema fondamentale della copertura economica. Nelle casse dello Stato non ci sono tesoretti da saccheggiare: Saccomanni si trova a fare i conti solo con capitoli di spesa che a fatica riesce a far quadrare. Come già nel "decreto del fare", una delle voci a cui si tende ad attingere per ogni emergenza è quella delle accise sui carburanti a cui si potrebbero aggiungere anche quelle su sigarette elettroniche e alcolici. Un altro filone sarebbe quello del taglio alla spesa, anche se emerge come possibilità anche quella della cartolarizzazione e vendita degli immobili pubblici. Al ministero dell’Economia è del resto attiva la Società di gestione del risparmio (Sgr) che dovrà gestire il processo di dismissione degli immobili pubblici, con una prima dote di 350 beni da circa 1,2 miliardi pronti per essere conferiti dal Demanio.

Nel portafoglio della società potrebbero inoltre confluire anche immobili provenienti da altri due canali, quello di "Valore paese" e quello di "Valore paese dimore" che punta su immobili che potrebbero essere trasformati a scopi turistici.

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