«Ora basta con la gogna mediatica». All'improvviso la telefonata con Giorgio Perroni, per sapere se ci sono novità sui guai giudiziari sul suo assistito, l'ex ministro dell'Interno Claudio Scajola, assume una piega imprevista: «Il mio assistito viene processato e condannato mediaticamente attraverso giornali che usano atti coperti da segreto istruttorio e che in ogni caso sono illegittimamente in possesso di chi li usa».
Che fa, avvocato, querela?
«Valuteremo, mi sono rotto. Ognuno si assumerà la responsabilità di quello che scrive. E mi auguro che la magistratura intervenga sulla fuga di notizie».
Non è la prima volta...
«È successo pure con la casa al Colosseo, se è per questo, e la vicenda si è conclusa con un'assoluzione. Ma cosa significa? Che possiamo giustificarlo? Stavolta c'è un'aggravante».
Quale?
«Che Scajola è in galera e non può difendersi. Quanto alle querele, mi auguro che sia la magistratura, autonomamente, a verificare come fanno certi giornali a riportare carte, dichiarazioni che...»
Tipo quella dell'ex braccio destro di Scajola, Luciano Zocchi...
«Ma quale braccio destro, manco fosse il capo di gabinetto. Era un collaboratore, peraltro per un periodo limitato...»
Quindi Scajola non c'entra nulla con la morte di Biagi?
«No, assolutamente. Il messaggio che sta passando, cioè Scajola fece morire Biagi, è una distorsione della realtà».
E allora come è andata...
«A Biagi pochi mesi prima dell'agguato viene revocata la scorta, sulla base di un provvedimento assunto da un organismo provinciale, il cosiddetto Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, dopo una istruttoria. Il ministro Scajola che cosa c'entra?».
Si, ma l'allora ex ministro del Welfare Roberto Maroni non è d'accordo, dice che...
«Non è vero che Maroni ha avvertito Scajola. Non-è-vero. È stato accertato anzi, questi sono atti giudiziari di cui parlano i giornali, che la lettera che Maroni avrebbe scritto non è mai partita. È stata trovata sul pc e, a quanto scrivete, avrebbe un orario successivo di dieci minuti a quello dell'omicidio di Biagi».
Allora è colpa di Maroni?
«Ma che c'entra. Non è colpa di Maroni. Ma forse nel suo dicastero avrebbe dovuto sapere qualcosa in più... In fondo Biagi era un suo consulente».
Sì, ma Zocchi dice che...
«Mi scusi. Ma che credibilità ha un personaggio che parla dopo 12 anni, non spontaneamente ma perché interrogato dalla magistratura su documenti a lui stesso sequestrati e che adesso rilascia interviste come una star dello spettacolo? Inoltre, non è in grado di dire con certezza che Scajola avesse conosciuto questi fantomatici appunti perché non ha mai parlato con lui. In più dice che sono stati comunque consegnati, quattro giorni prima dell'omicidio Biagi, ai massimi vertici del Dipartimento di Ps competenti sulle scorte».
E quindi?
«E quindi, anche se Scajola avesse visto questi fantomatici appunti, che cosa avrebbe potuto fare? Avrebbe al più consegnato gli appunti a quei vertici del Dipartimento che comunque erano stati avvertiti autonomamente da Zocchi. Non era mica Scajola che decideva autonomamente a chi dare la scorta, ma tutto era il frutto di una istruttoria fatta necessariamente da altri».
E l'archivio che aveva in casa non è quello di Scajola...
«Ancora? L'archivio segreto di Scajola non esiste. Dossier... ma quali dossier? Ci sono carte che raccontano la sua vita e che sono state abbondantemente setacciate dai pm di Imperia».
I pm antimafia reggini chiedono al Riesame di confermare la «mafiosità» del sodalizio che avrebbe aiutato l'ex deputato nella latitanza...
«Il ricorso dei pm al Riesame si basa sugli stessi indizi che il Gip non ha ritenuto validi e senza tener necessariamente conto dell'interrogatorio, quindi prima che Scajola fornisse la sua versione.
Adesso siamo in una fase nuova. Scajola ha dato spiegazioni sul suo comportamento, i pm stanno facendo le loro verifiche. Ma siamo fiduciosi di aver fornito elementi tali da far cambiare idea ai pm. Confidiamo anche nella sua scarcerazione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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