Alle sette di sera l'esercito ha detto a Mohammed Morsi che non era più il presidente dell'Egitto. Due ore dopo, il capo di Stato maggiore Abdelfattah Al Sisi, che lunedì ha dato al rais un ultimatum - 48 ore per rispondere alle richieste della piazza arrabbiata - ha presentato al Paese una road map per una nuova transizione. In una coreografia d'altri tempi, precisa e non casuale, accanto al generale sono comparsi i leader religiosi - Ahmed Al Taiyeb, sheikh di Al Azhar, maggiore istituzione sunnita, il papa cristiano copto Tawadros - e il volto delle opposizioni il premio Nobel Mohammed ElBaradei. «Le forze armate hanno ascoltato la chiamata del Paese» e «proteggerà le istanze della rivoluzione», ha detto il generale Sisi rivolgendosi al «grande popolo egiziano» con parole che sembravano voler fare dimenticare le accuse di «colpo di Stato» arrivate durante il giorno dai sostenitori di Morsi e dai Fratelli musulmani.
La road map dei generali prevede elezioni presidenziali e parlamentari anticipate, sospensione della controversa Costituzione votata da una maggioranza islamista, formazione di un consiglio presidenziale guidato dal presidente della Corte costituzionale - il giudice Adly Al Manosur, appena nominato dallo stesso Morsi - un governo tecnocrate, una nuova costituente che riunisca tutte le anime della società. Il documento è stato studiato e approvato dai leader religiosi e dalle opposizioni durante un lungo incontro. Anche il partito salafita al Nour - islamista ultra conservatori - ha annunciato di appoggiare la road map, prendendo le distanze dai Fratelli musulmani sempre più isolati.
All'annuncio dei militari, ieri sera, le piazze della capitale, Midan Tahrir e i viali attorno al vuoto palazzo presidenziale, sono scoppiati in festeggiamenti che sono andati avanti per ore con fuochi d'artificio, musica, luci e tante bandiere egiziane. Le strade erano già piene nel pomeriggio, in attesa di capire che direzione avrebbe preso una delle giornate più lunghe della storia recente dell'Egitto. In pochi minuti, allo scadere dell'ultimatum, i carro armati dell'esercito sono arrivati nel sobborgo di Nasr City e vicino all'università del Cairo, dove da giorni sono riuniti i sostenitori del presidente Mohammed Morsi, poi nei pressi della manifestazioni contro il rais e davanti alle sedi delle istituzioni. «Per evitare un bagno di sangue», hanno fatto sapere fonti della sicurezza, mentre vicino al palazzo presidenziale sfilavano i soldati.
Già qualche ora prima l'esercito aveva preso controllo della Tv di Stato. Il movimento di truppe nella capitale ha anticipato l'esito della giornata: i militari, sull'onda delle enormi proteste di piazza di questi giorni, hanno messo da parte il presidente dei Fratelli musulmani, eletto a giugno 2012 nel primo voto democratico del Paese. Nel suo discorso nella notte tra martedì e mercoledì, il rais invece di fare un passo verso la piazza arrabbiata - che lo accusa di aver tradito la rivoluzione e preso una deriva autoritaria - ha ricordato d'essere il presidente eletto, legittimo. Resto, ha detto in breve, e alla scadenza dell'ultimatum ha proposto un governo di unità nazionale capace di portare il Paese a elezioni parlamentari anticipate. Troppo poco e troppo tardi. Mentre il consigliere per la sicurezza nazionale Essam El Haddad, accusava l'esercito di «colpo di Stato» e avvertiva della possibilità di «un bagno di sangue», si rincorrevano le voci di arresti domiciliari per Morsi e di fughe del suo entourage. Solo dopo è stato emesso un divieto di espatrio per il rais e 270 membri della Fratellanza.
Nella notte, mentre la piazza in festa sembrava aver già dimenticato il rais, nulla si sapeva ancora di dove fosse il secondo presidente deposto nel giro di due anni. Morsi, su Twitter, ha chiesto agli egiziani di rifiutare il «golpe» e ai suoi di evitare sangue e violenze. E Obama ha riunito un summit alla Casa Bianca per decidere la linea da tenere di fronte al golpe.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.