Toh, il Fatto scopre ora quei pm politicizzati

Per anni il quotidiano ha sostenuto le Procure che davano la caccia a Berlusconi, ora le attacca per difendere il sindaco di Bari nei guai

Toh, il Fatto scopre ora quei pm politicizzati

Tutta colpa della cozza pelosa. Lo sapete come sono i frutti di mare, no? Rischiano di rimanerti sullo stomaco, peggio di un editoriale di Travaglio. E in effetti non è facile da digerire il titolo del Fatto di ieri: «Emiliano sotto tiro: obiettivo Lista civica», gridano a tutta pagina i fan del giornalismo per Procura. Nel pezzo si chiarisce che cosa ci sta dietro la vicenda della Puglia: il vero obiettivo sarebbe proprio quello di colpire la Lista civica nazionale proposta dal sindaco di Bari. Pensate: «Emiliano soltanto 20 giorni fa s’era candidato a governare la Puglia dopo Vendola. L’inchiesta della Procura di Bari l’ha sbalzato dal cavallo», insinuano i segugi del Fatto. Del resto che ci volete fare? «Emiliano non è mai stato gradito agli apparati».

Lo vedete come fa male la cozza pelosa? La mangi, non digerisci e finisci per pensare che uno possa finire nel mirino delle Procure perché «non è gradito agli apparati». Oppure, addirittura, che uno venga «sbalzato da cavallo» sotto i colpi delle inchieste perché propone una Lista civica che «dà fastidio al Pd», come chiosa in prima pagina Marco Travaglio. Possibile? E dire che noi, a forza di leggerlo, ci eravamo quasi convinti che se uno viene sbalzato dal cavallo sotto i colpi delle inchieste è perché è un birbantello. Magari con qualche scheletro nell’armadio. Non è così? Dobbiamo dunque credere che esiste una giustizia politica? Ma quella non era un’invenzione dei berluscones d’assalto? Non era roba da Platinette più o meno barbuti e biondini con le mèches? Volete dirci ora che avevano ragione loro? E ce lo dite proprio voi?
Per noi, neofiti del giornalismo senza macchia e senza paura, sarebbe un vero choc. Un po’ come se il Papa andasse a Cuba per dire ai neocatecumeni cristiani che bisogna credere nel comunismo. In effetti c’eravamo messi d’impegno a convertirci alla verità rivelata secondo il vangelo di Travaglio, avevamo compulsato i suoi pezzi, ci eravamo preparati sui testi sacri di Gomez e Barbacetto, avevamo recitato ogni sera prima di andare a dormire le orazioni di Padellaro. E alla fine c’eravamo convinti che avessero ragione loro: se uno finisce nel mirino di un’inchiesta è perché s’è fatto riempire la vasca da bagno con le ostriche di un indagato. Mica perché è sgradito agli apparati. O perché sta facendo una lista civica.

Vi confessiamo la verità: non era stata mica facile la conversione. Dopo aver visto quel che era successo in Tangentopoli ci era rimasto più di un sospetto che non tutti i partiti fossero stati colpiti allo stesso modo. Il Pci, per esempio: proprio sicuro che non abbia avuto nulla a che fare con il finanziamento illecito? E neppure con i fondi Enimont? Perché le Procure avevano «sbalzato da cavallo» Psi e Dc e non la sinistra? Ancor più sospetti, poi, ci erano venuti durante i diciassette anni di berlusconismo in politica: tutte quelle inchieste all’improvviso rivolte contro di lui e i suoi collaboratori, forzature giudiziarie di ogni tipo, spiate dal buco della serratura, applicazione ardite di codici e interpretazioni ai limiti della civiltà, e insomma tutto quello che voi lettori del Giornale ben sapete. Avevamo pensato: vuoi mettere che qui ci sia una giustizia politica? Magari per colpire qualcuno «non gradito agli apparati»?

Ogni volta che lo dicevamo, però, i robespierre con la ghigliottina al seguito ci rintuzzavano beffardi: «Ma che dite, non è vero, la giustizia giudica, la politica non c’entra». Le toghe non sono né rosse né nere: sono immacolate, ci raccontavano. E anche se si iscrivono a qualche corrente (magistratura democratica) non è che lo fanno per incidere nella vita istituzionale, macché: lo fanno per stare insieme, perché si vogliono bene, un po’ come gli amici del bridge. Alla base delle loro azioni non ci sono mai simpatie di parte, ma come vi permettete anche solo di sospettarlo? I giudici non hanno simpatie, tanto meno di parte. Non ci sono persone più o meno gradite agli apparati, anzi quando si parla di inchieste non ci sono nemmeno apparati: ci sono solo asceti del diritto, santoni emeriti del codice, esseri superiori, sempre illibati e politicamente asessuati.

Dicevano così, ve lo ricordate anche voi, no? E lo dicevano con tale insistenza, con tale foga, da una Samarcanda a un Annozero, che alla fine avevano quasi convinto anche noi. Ma ecco la sorpresa. Proprio sul più bello, proprio quando stavamo per iscriverci anche noi alla setta dei puri più puri dei puri, ecco che ti salta fuori all’improvviso questa storia di Emiliano. E la lista civica. E quelli che lo «sbalzano da cavallo». E gli «apparati» che non gradiscono. Così, all’improvviso, cambia tutto.

A tal punto che uno legge il Fatto e sembra di sentir parlar Cicchitto. Voi capite: è una situazione difficile da digerire più delle cozze. Perché quelle saranno pure state pelose, è chiaro. Ma mai pelose come le ipocrisie di certa gente.

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