La tragicommedia dei due mondi

Difficile stabilire quanto l'intrigo sia maturato prima e alimentato poi all'interno del mondo culturale della destra e quanto invece costruito a tavolino da quello della sinistra

La tragicommedia dei due mondi
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È difficile rimanere seri, ma ci proviamo per rispetto ai drammi personali che si stanno consumando senza tregua tra le mura del ministero della Cultura. «Cultura e spettacolo», era la sua originale definizione, che oggi torna più che mai attuale. Spettacolo genere tragicommedia, cioè messa in scena di spunti e procedimenti tipici della commedia innestati su un tessuto di vicende gravi e dolorose, caratteristiche della tragedia. Breve riassunto: il ministro Sangiuliano si dimette dopo che gli è sfuggita di mano una vicenda sentimentale con una aspirante collaboratrice; il suo successore, Alessandro Giuli, per prima cosa licenzia il potente capo di gabinetto, Francesco Giglioli sospettato di aver tramato contro Sangiuliano e di essere pronto a fare il bis contro di lui; al suo posto chiama un caro amico, giá suo stretto collaboratore nel precedente incarico al museo Maxxi, Francesco Spano, omosessuale dichiarato già al centro di polemiche per dei finanziamenti a circoli frequentati, probabilmente a pagamento, anche da trans. Passano dieci giorni e ieri Spano, dopo essersi preso del «pederasta» da esponenti di Fratelli d'Italia, si dimette perché Report, la trasmissione Rai di Sigfrido Ranucci, sta per raccontare la storia dei contratti di consulenza che suo marito ha avuto proprio dal Maxxi. Penso che neppure uno sceneggiatore con fervida fantasia sarebbe riuscito a inventarsi una trama del genere.

Difficile districarsi tra veleni e vendette, difficile stabilire quanto l'intrigo sia maturato prima e alimentato poi all'interno del mondo culturale della destra e quanto invece costruito a tavolino da quello della sinistra. Propendo per una via di mezzo: il primo mondo - la destra - è caduto mani e piedi in un trappolone ben organizzato dal secondo - la sinistra -, che di mollare il suo regno e rinunciare alla presunta egemonia culturale, e soprattutto economica, proprio non ne vuole sapere.

Se non altro gli italiani hanno preso coscienza che esiste un ministero della Cultura, popolato non da grigi burocrati e anziani professoroni ma da giovanotti vitali e molto effervescenti. C'è da preoccuparsi? Non credo, perché come noto la caratteristica principale delle tragicommedie è avere sempre un lieto fine.

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