Truffa sui migranti, ecco qual era il ruolo dell'ex tesoriere del Pd ora ai domiciliari

Nicola Salvati e suo padre Giuseppe avrebbero sfruttato la loro attività come commercialisti per "nascondere il riciclaggio del denaro ottenuto illegalmente"

Nicola Salvati
Nicola Salvati
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Tra i 45 indagati dell'indagine sul "click-day" in Campania c'è anche Nicola Salvati, ormai ex tesoriere del Partito democratico nella regione. Al momento si trova agli arresti domiciliari, accusato di far parte dell'associazione che ha rincorso un profitto sfruttando il decreto Flussi e i migranti. Secondo gli investigatori di Salerno che hanno condotto l'indagine il giro d'affari sarebbe stato milionario, coinvolgendo circa 2mila stranieri disposti a pagare importanti somme per ottenere i permessi di soggiorno. Pare che qualcuno abbia pagato fino a 7mila euro all'organizzazione.

Nelle oltre 300 pagine di verbale di indagine, Salvati e suo padre Giuseppe figurano come i commercialisti di fiducia dell'organizzazione, a cui era stato demandato il compito di "formare o aggiustare la falsa documentazione necessaria per la presentazione e/o il buon esito delle istanze o comunque di fornire indicazioni al fine di farla 'correggere' ai datori di lavoro direttamente interessati, nonché di predisporre false fatture". Un ruolo chiave per il corretto funzionamento del sistema anche perché, secondo gli inquirenti, questo espediente sarebbe stato "strumentale all'artificioso aumento del volume d'affari propedeutico alla presentazione e finalizzazione delle istanze relative ai decreti flussi ed emersione, nonché dell'autoriciclaggio delle somme di provenienza illecita". Avevano il compito di "nascondere in maniera efficace (almeno apparentemente) il riciclaggio del denaro ottenuto illegalmente".

Importanti informazioni per l'indagine sono emerse dalle intercettazioni telefoniche, in base alle quali gli investigatori hanno potuto conclamare il ruolo "stabile, duraturo e reiterato" di Salvati padre e figlio. Oltre all'attività come commercialista e tesoriere del Partito democratico in Campania, Nicola Salvati è stato anche vice sindaco di Poggiomarino, città dell'area metropolitana di Napoli. L'indagine che ha poi portato ai 45 indagati è stata particolarmente lunga e tutto è partito dai primi intermediari in loco, cittadini del Pakistan e del Bangladesh che fungevano da ponte con i loro connazionali nei Paesi di origine. Una volta individuati quelli che erano intenzionati a lavorare stagionalmente in Italia, li obbligavano a versare una "mazzetta" all'organizzazione e così sbloccavano la pratica per il permesso di soggiorno con un contratto di lavoro a tempo determinato, redatti da aziende compiacenti o create ad hoc.

Come si evince da alcune intercettazioni telefoniche Salvati avrebbe suggerito alcune scappatoie agli altri indagati, il che fa ipotizzare che conoscesse molto bene il sistema fraudolento in cui si stava operando.

A un certo punto sarebbe arrivato anche a tranquillizzare il proprio interlocutore, sostenendo che nessuno dei reati che stavano compiendo fosse perseguibile penalmente, al massimo fosse un illecito fiscale. Ora sono tutti indagati a vario titolo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, corruzione, falso in atto pubblico e autoriciclaggio.

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