Oggi, con la spiccata predisposizione al conflitto di interessi che ci è propria, vogliamo dedicare il nostro spazio a una faccenda personale. E non ce ne scusiamo con gli interessati.
Era interessante, ieri, vedere come la stampa trattava la morte di Luca Beatrice, critico d'arte che è stato a lungo firma del Giornale e poi di Libero; e amico di chi scrive. Ed è stato bello scoprire che dal manifesto al Corriere, da Repubblica a Sky, tutti gli hanno dedicato le parole giuste. Chapeau. Che per Luca Beatrice era un elegante berretto di lana.
Poi, però, il brutto refuso capita sempre. E purtroppo è capitato a Stampa e regime su Radio Radicale, che sa essere la migliore o la peggiore delle rassegne stampe, a seconda di chi la conduce. Ma ieri conduceva la giornalista sbagliata. Una embedded al Pd, in prestito da La7 - una tutta faccette e battutine, una di quelle figurine della sinistra da terrazza romana, Tutti da Flavia sabato sera, ma il nome forse era un altro la quale, con più spocchia che voglia, ha accennato a Luca Beatrice, «una figura, ehmmm... diciamo... a destra culturalmente accreditata... ecco sì, possiamo definirla così». E certo che possiamo! Perché secondo te a sinistra non lo era... Anzi per te non era neanche un intellettuale, parola di cui non è degno.
Del resto, si sa, «intellettuale di destra» è una contraddizione. O è di sinistra, o non è.Aveva ragione Luca Beatrice, uno che faceva bene a non avere mai una parola buona per nessuno. Si sentono migliori degli altri solo perché sanno di essere peggiori di tutti.
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