Ci rifiutiamo di pensare a Luigi Lusi come a un allocco che ha rubato oltre venti milioni di euro alla Margherita convinto di farla franca. Un minimo di logica, per favore. Uno non viene nominato tesoriere di un partito importante, zeppo di soldi riscossi sotto forma di rimborsi elettorali, se non gode della fiducia (totale) della dirigenza. Se è incaricato di maneggiare milioni e milioni significa che è giudicato all’altezza del delicato compito. Vuole inoltre dire che era conosciuto e considerato al di sopra di ogni sospetto.In che senso?Tra lui e chi lo aveva nominato probabilmente c’era molta sintonia. Si intendevano con uno sguardo. Non c’era neanche bisogno di scrivere, in un regolare contratto, quali fossero gli obblighi del «contabile» nei confronti dei suoi mentori.
Il denaro è troppo importante per essere affidato a un furfante qualsiasi. E se chi glielo ha affidato è assalito, a un certo punto, dal timore che il cassiere sia un mariuolo, che fa? Apre gli occhi, lo controlla, gli fa sentire il fiato sul collo in modo stia attento a non sgarrare. Tutto questo, nella Margherita, non è successo. Lusi ha fatto ciò che ha voluto per anni e anni, senza che un cane gli chiedesse ragione del suo operato. Egli sabato, dopo alcuni giorni trascorsi in carcere, è stato interrogato da Gip e pm per ore e ore, più di sette. E pare abbia raccontato i dettagli di ogni ruberia avvenuta sotto la propria amministrazione.
Avrebbe fornito, oltre a spiegazioni abbastanza convincenti, tali comunque da interessare i magistrati, anche documenti: mail e pizzini ossia non chiacchiere, ma documenti da cui risulterebbe che il senatore non agiva a capocchia, solo per arricchirsi, ma in base a ordini ricevuti dai suoi capi. Quali capi? Quelli della Margherita, ovviamente, che spillavano quattrini in abbondanza e li usavano non si sa se per far trionfare un forza politica morta oppure per condurre una esistenza da nababbi. Chi può dirlo?
È un fatto che Lusi ha cantato sulla scorta di uno spartito: non in veste di cantautore. Uno spartito che ora sarà valutato dagli inquirenti. Se venisse fuori che è autentico, ne vedremmo delle belle nei prossimi giorni. C’è qualcosa di incomprensibile nella lurida vicenda: perché l’accusato ha aspettato tanto tempo a vuotare il sacco? Non ha più nulla da perdere? Si è accorto, una volta dietro le sbarre, di non godere dell’appoggio degli ex amici? Non abbiamo elementi per rispondere a quesiti del genere; occorre attendere l’esito delle indagini.
Ciò che invece appare chiaro è l’insulsaggine dei vertici della Margherita, i quali insistono nel dichiarare di essere sempre stati tagliati fuori dalla gestione di Lusi, quasi fossero degli ospiti. Il che è assurdo, addirittura ridicolo. Capiremmo se dal malloppo (centinaia di milioni) fossero stati distratti, chessò, cento o duecentomila euro, ma 27 milioni sono troppi per sfuggire così, come farfalle. Andiamo, neanche un ebete può bere che un tesoriere, per quanto intimo dei «padroni» si fischi una cifra di questa consistenza senza che qualcuno ci faccia caso. Via, si può essere ingenui, ma non idioti al punto di farsi fregare tanto denaro,pur consapevoli dell’ammontare di un patrimonio che chiunque avrebbe custodito con attenzione. Qui bisogna darsi una svegliata e capire come sono andate le cose. Nessuno crede alla versione secondo la quale Lusi si è intestato case, ville, attici e terreni senza immaginare di essere scoperto, prima o poi. Gli immobili sono facili da rintracciare,basta andare al catasto a dare un’occhiata alle carte.
Un tesoriere privo di complici che desideri sottrarre quattrini lo può fare comodamente occultando contanti all’estero. Se viceversa firma degli atti notarili, come il senatore ha fatto, è evidente non supponga di essere denunciato. E allora? La vicenda riserverà sorprese clamorose. Prepariamoci.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.