Berlino - Arrivare secondi in politica non piace a nessuno. Tuttavia chiedere alla squadra vincente di scendere dal podio sembra poco praticabile. È quello che ha fatto il vicecancelliere tedesco, il socialdemocratico Sigmar Gabriel, rivolgendosi alla leadership del Partito popolare europeo.
Forza Italia e l'ungherese Fidesz, ha spiegato Gabriel, sono partiti populisti e anti-europeisti, di conseguenza non devono partecipare ai «giochi» per la scelta del nuovo presidente della Commissione europea. Traduzione: «È stato divertente giocare alla democrazia nel periodo elettorale, ora però il governo dell'Ue lo scelgo io». È vero che la Commissione non è un esecutivo vero e proprio, il che rende meno stringente il bisogno di una copertura politica dell'elettorato. Ed è anche vero che la Corte costituzionale tedesca ha recentemente abolito la soglia di sbarramento del 5% per le europee, argomentando che non c'è alcuna governabilità da tutelare ma solo un Parlamento da eleggere. Fino a ieri, però, le due grandi famiglie politiche d'Europa si sono rivolte ai cittadini proponendo due candidature dirette per la guida della Commissione: il lussemburghese Jean-Claude Juncker per i popolari e il socialdemocratico Martin Schulz per i socialisti.
La circostanza che Juncker sia sgradito a Sigmar Gabriel non dovrebbe permettere a quest'ultimo di ergersi al di sopra del voto espresso dal 16,8% degli italiani e dal 51,5% degli ungheresi. Il vicecancelliere sa bene che Fidesz non ha alcuna intenzione di dare la fiducia a Juncker, e che i Tories britannici vedono nell'ex presidente dell'Eurogruppo l'incarnazione di un modello di Europa vecchia, fissata sull'unione monetaria e perciò da superare. Il leader socialdemocratico spera nell'ostracizzazione di italiani e ungheresi solo per accorciare le distanze con il Ppe, per impallare Juncker (sgradito anche a Merkel per ragioni personali) e dare un'altra chance al suo candidato Schulz. In questo senso, l'atteggiamento anti-Fidesz e anti Forza Italia fa pensare a un riflesso pavloviano della leadership tedesca: l'Ue è casa nostra e la gestiamo come vogliamo noi. E se la cancelliera è stata a lungo accusata di fare il bello e il cattivo tempo a Bruxelles, il suo vice si è messo a fare altrettanto.
Oltre a un certo snobismo di convenienza, al numero due del governo tedesco si può imputare anche una curiosa dimenticanza: nel mucchio dei cattivi non ha messo la Csu, il partito-cristiano sociale bavarese che in Germania cammina mano nella mano con la Cdu di Frau Merkel. Eppure da inizio anno la Csu è diventata durissima con l'Ue. Tanto da aver perso molti voti a favore di Alternative für Deutschland, il nuovo partito tedesco anti-euro. Dimenticanza voluta: l'indebolimento della Csu si riflette anche sulla cancelliera, rendendo i socialdemocratici più forti a Berlino e a Bruxelles.
Ringalluzzito dal 27,3% ottenuto domenica (+ 6,8% sul peggior risultato della storia recente dell'Spd), il vicecancelliere da un lato si lamenta dell'affermazione degli euroscettici, secondo i quali l'Ue è antidemocratica, dall'altro mostra di infischiarsene dell'opinioni degli elettori.
Gabriel spera che, impantanato Juncker, il cerino passi a Schulz dimenticando che i popolari hanno 213 eurodeputati e i socialisti 189. Juncker o non Juncker, se si vuole evitare che alle prossime elezioni Marine Le Pen prenda l'80% dei voti, il prossimo presidente della Commissione deve essere espressione del Ppe.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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