La voglia di perdere degli "incontaminati"

Le scelte di Conte

La voglia di perdere degli "incontaminati"
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C'è una frase usata da Giuseppe Conte per dire no alla presenza di Matteo Renzi nel campo largo che colpisce: «Un progetto alternativo non puoi farlo con persone che contaminano». Quella parola «contaminazione» al di là della diatriba su Renzi rappresenta una forma mentis, una visione, una filosofia, una concezione della politica che condanna alla sconfitta. Se quella è la logica che presiederà alla formazione dello schieramento alternativo al centrodestra, ebbene, «il campo largo» ha già perso ancora prima di nascere. La ragione è semplice: una coalizione per essere vincente, per rappresentare la maggioranza del Paese, deve essere «contaminata» da tutti i soggetti che ne fanno parte. Nel «bipolarismo» non si vince senza contaminazioni, puoi avere un risultato positivo come lista, magari come sinistra, ma il 51% per cento che serve per imporsi resterà un miraggio. Tantopiù che lo schieramento che ha in mente Conte con la sinistra di Fratoianni, un grillismo spiccatamente di sinistra e un Pd che con la Schlein si è spostato a sinistra copre un bacino che anche ai tempi di Enrico Berlinguer non andava oltre il 35-40%. Manca un 10% di voti moderati e quelli li hai solo se ti contamini con i temi cari a quella parte dell'elettorato, se riesci in qualche modo a rassicurarli e rappresentarli. E per far digerire a quei mondi uno schieramento in cui c'è la paladina delle «occupazioni», Ilaria Salis, l'amico di Donald Trump che ha parole comprensive anche per Putin, Giuseppi, e quel pezzo di gruppo dirigente del Pd che affonda le proprie radici ancora nella storia del Pci, da Bettini a D'Alema, altroché contaminazioni, per spuntarla c'è bisogno di un forte impatto di radiazioni liberali. Carlo Calenda è appena un'aspirina, serve a poco. Paradossalmente servirebbe proprio uno come Renzi proprio perché è distante ed è stato oggetto di polemiche furiose a sinistra. Perché mentre Conte flirta con Trump è assolutamente legato ai democratici d'America e ha forti legami con il blairismo e con il macronismo. Tutti aspetti che fanno rivoltare lo stomaco di Conte e Fratoianni e fanno venire la febbre ai vari Bettini e Bersani.

Solo che se Macron non si fosse «contaminato» con Mèlenchon al secondo turno delle elezioni francesi, Bardella, il candidato della le Pen per il governo, già risiederebbe a l'Hotel Matignon. Se Keir Starmer non avesse fatto pace con gli argomenti cari a Tony Blair ora non abiterebbe al numero 10 di Downing Street. E se Romano Prodi non si fosse «contaminato» prima con Lamberto Dini e successivamente con Clemente Mastella non avrebbe vinto due volte per una spanna (la seconda per appena 24mila voti) contro Berlusconi.

Questi sono dati non opinioni. Conte risponde che Renzi, la contaminazione, fa perdere voti, la stessa frase con cui Calenda, vestiti gli abiti del kamikaze con la fronte avvolta nella bandiera del sol levante, motivò la rottura con il rottamatore alle elezioni europee: poi si è visto com'è finita. La verità è che le questioni semplici, quasi banali, non puoi spiegarle a chi è pieno di sé o è ubriaco di ideologia. Peggio di un'ideologia minore, quel surrogato di pensiero debole che leggi ogni giorno sulle pagine dell'house organ grillino.

Ora c'è da chiedersi perché Conte ha imboccato una strada che porta alla sconfitta. Magari perché la politica è una cosa seria e se ne sei a digiuno e anneghi nei meccanismi perversi del grillismo, sei impossibilitato a capirla. Oppure perché ha gli occhi puntati sulla Casa Bianca e vuol vedere chi la spunta tra Trump e la Harris prima di dire si o no alla Schlein per cui il balletto su Renzi, sull'uomo dei democratici e di Obama in Italia, ti serve a far melina.

Oppure, ed è l'ipotesi che dovrebbe più allarmare la leader del Pd, Conte, con il partito che si ritrova, con Grillo che rompe un giorno si è uno no, con i 5stelle della vecchia guardia che lo giudicano un mezzo traditore, preferisce o, meglio, trova più comoda la sconfitta della vittoria specie se non sarà lui ad andare a Palazzo Chigi. Perdente sì, appunto, ma «incontaminato».

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