La crociata contro la parata del 2 giugno continua. Da ieri, moltissimi utenti di Twitter e Facebook hanno chiesto a gran voce che le celebrazioni per la festa della Repubblica venissero annullate e che i fondi venissero destinati ai terremotati dell'Emilia. Dopo un vertice con i presidenti delle Camere Renato Schifani e Gianfranco Fini e il premier Mario Monti, il capo dello Stato Giorgio Napolitano ha ribadito che le celebrazioni saranno improntate a criteri di particolare funzionalità e sobrietà, sia per i limiti entro cui si terràla rassegna militare, sia per i caratteri che assumerà l’incontro con i diplomatici,le istituzioni e i rappresentanti della società civile.
Diversi leader politici si sono uniti al coro. Il leader di Sel, Nichi Vendola ha definito la manifestazione "inopportuna" e ne ha chiesto la cancellazione. Per Antonio Di Pietro "è una follia sperperare tanti soldi per la parata militare del 2 giugno. In un momento così difficile per il nostro Paese, colpito da una gravissima crisi economica e flagellato in queste ore dal terremoto, è opportuno utilizzare quei fondi per fini sociali e di solidarietà".
Il sindaco di Roma, Gianni Alemmano si era mostrato più scettico: "Il quesito che viene posto va rispettato, ma credo che debba essere solo il presidente della Repubblica a decidere. Il 2 giugno è la festa della Repubblica e la parata militare non è uno sfoggio di potenza o di forza, ma il ricordo delle persone cadute e di chi oggi si sacrifica nelle missioni militari di pace".
Alla fine il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano aveva risposto indirettamente all'appello, specificando che "celebreremo il 2 giugno sobriamente e dedicheremo le celebrazioni alle popolazioni colpite dal terremoto". Tutto questo perché, secondo il capo dello Stato, "la Repubblica deve dare conferma della sua vitalità e della sua forza democratica".
Oggi il capo dello Stato è tornato sul tema, spiegando che "la Repubblica non può rinunciare a celebrare la sua nascita, le istituzioni del Paese devono dare esempio di fermezza e serietà, mi auguro che l’attenzione si concentri sugli aiuti alle popolazioni colpite e non su polemiche strumentali".
Polemiche che però continuano. Tanto che su Twitter, tra gli argomenti più discussi c'è ancora l'hastag #no2giugno e sono state raccolte oltre 40mila firme virtuali dal sito del Popolo viola.
Eppure, qualcosa di simile a ciò che viene oggi chiesto a Napolitano, la fecero Arnaldo Forlani e Giovanni Leone nel 1976 dopo il terremoto del Friuli. All’epoca, Forlani era ministro della Difesa del governo guidato da Aldo Moro e decise di annullare la parata. "Il modo più giusto, più intimamente sentito dalle forze armate per celebrare la ricorrenza del trentesimo anniversario della Repubblica è dare ogni energia, ogni risorsa per alleviare il dolore dei fratelli colpiti, per concorrere alla ricostruzione", dichiarò il ministro.
Nel 1976, poco dopo la scossa di terremoto devastante che colpì il 6 maggio il Friuli, l'allora presidente della Repubblica Leone e il ministro della difesa Fanfani stabilirono che i reparti che erano attesi a Roma venissero deviati "per operare incessantemente nel soccorso alle popolazioni del Friuli e della Carnia duramente colpite".
Si trattava del trentesimo anniversario della Repubblica e mancavano più di venti giorni alla cerimonia poi
annullata (nel caso odierno ne sarebbero mancati quattro). Tra le altre cose, dopo quell'anno, le armi in parata non sfilarono più. Per rivederle, si dovette attendere (unica eccezione il 1984) il 1999 con Ciampi al Quirinale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.