"Interpreto una santa (Chiara) e ci sarà da ridere"

L'attrice Ippolita Baldini, diventata famosa a Zelig, racconta la vocazione rivoluzionaria della clarissa di Assisi

"Interpreto una santa (Chiara) e ci sarà da ridere"
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Ippolita Baldini, attrice (e mia sorella), sabato debutti con il tuo nuovo spettacolo Una ballata per Chiara nella Basilica di Santa Maria in Valvendra, a Lovere, per il festival deSidera. L'11 luglio hai portato V'Angelo sulla figura di Maria, la madre di Gesù, e Maria Maddalena. Dalla Madonna a Santa Chiara affronti anche la religione con piglio leggero.

Come è nata la necessità di parlare di Dio a teatro?

«Questa su Santa Chiara è una commissione del festival e del Teatro degli Incamminati, da un'idea di Walter Spelgatti. A Lovere c'è un festival sui 70 anni della Televisione Italiana («Lovere, il Borgo della luce» fino all'8 settembre). Santa Chiara è la patrona della televisione e delle telecomunicazioni, è inferma, costretta a letto e non è potuta andare alla Messa di Natale con le sue consorelle, per miracolo ha visto la funzione sulla parete della sua cella. Il Comune di Lovere mi ha commissionato questo spettacolo perchè ho già recitato su temi sacri e perché faccio anche tv. Una ballata per Chiara a sua volta è stato inserito anche nel festival deSidera, che lo ha prodotto».

Come hai interpretato Chiara?

«Da un profondo lavoro di scrittura con Luigi Guaineri, che firma anche la regia. Ho iniziato a studiare tutti i libri possibili immaginabili, sono andata a colloquio con le Clarisse di Milano anche con Guaineri, e abbiamo cominciato i testi. Lo spettatore vedrà comparire sulla scena improbabili personaggi introdotti da una voce radiofonica: sono tutti interpretati da me. Ortolana, la madre devota e addolorata dopo aver visto Chiara e le altre due figlie abbandonare la vita agiata per ritirarsi in clausura. Le si contrappone Guelfa, un'altra madre, anche lei appartenente ai majores, i nobili di Assisi, che vede nello stile di vita di Francesco e Chiara, radicale e rivoluzionario, una seria minaccia ai privilegi di casta. Chiara d'Assisi fa solo una fugace apparizione».

Sei soddisfatta?

«Sono molto contenta della mia squadra: con Luigi e Melania Boccoli (scenografa) siamo perfettamente in sintonia. Penso che il risultato finale somigli a una giullarata alla Dario Fo, ci siamo ispirati a lui».

Come si può rendere comica una santa?

«Gioca un buon punto ciò che ha fatto Luigi e che in V'Angelo aveva cercato di fare anche il regista Simone Todi: si mettono in scena i momenti difficili dei protagonisti. Noi vediamo i santi in chiesa, statici, in tutta la loro gloria. Però va detto che per arrivare a questo loro hanno vissuto anche varie crisi, sennò non sarebbero santi. E quindi rappresentiamo il momento difficile per Chiara, quello in cui sta per sbroccare».

Festival Bergamo

Quando eri bambina imitavi parenti e amici o persone appena viste scattava la tua parodia, e tutti a ridere. Cosa è rimasto di quella parte di te?

«Talvolta rendo i personaggi vicini a chi conosco: la Marchesa è la mamma, in Santa Chiara c'è un'amica. Altre volte mi faccio guidare dalle emozioni, cerco di calarmi nelle situazioni: Chiara a San Damiano è lì, felice della sua scelta. L'hanno seguita tantissime donne».

Cosa hai portato con te delle recite che organizzavamo a casa noi tre sorelle o coi nostri cugini in campagna?

«L'importanza dei costumi. È sempre utile frugare tra gli armadi delle case di campagna o nei bauli dei nonni».

E della tua origine milanese?

«C'è: Chiara è umbra, ma la mia parla in milanese».

Trasparirà qualcosa del tuo incontro con Papa Francesco (che ha convocato gli attori comici in Vaticano, lo scorso 14 giugno)?

«Sì, ne parlerà il mio personaggio, Lucy la Single: come Topolino, quando viaggia in altre epoche storiche, Lucy viene catapultata nel 1198 e diventa amica di Santa Chiara.

Racconterà di un momento difficile fra le clarisse in San Damiano che poi finiranno a ridere come matte. Lucy è convinta che l'umorismo derivi dallo Spirito Santo. Ce lo aveva detto anche il Papa che al mattino, in preghiera, chiede di avere il senso dell'umorismo».

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