da Berlino
La parola magica è Geld (denaro), usata come desinenza per indicare i principali strumenti dello Stato sociale. Gli assegni familiari sono il Kindergeld; il sussidio di disoccupazione è l'Arbeitslosengeld; il congedo parentale si chiama Elterngeld. Anche gli italiani residenti in Germania possono ricorrere al welfare tedesco, che non sarà leggendario come quello scandinavo ma permette di dormire sonni tranquilli. «Il sistema è come un vecchio diesel», sintetizza Leonora, «ci mette un po' ad avviarsi ma poi ti dà sicurezza». Immigrata nel 2013 dal nord Italia, due bambine nate nel Belpaese, oggi Leonora lavora per Houzz Italia a Berlino. «Al mio arrivo però ero una freelance e trovavo pesante dover pagare l'assicurazione sanitaria: è un onere che crea non pochi problemi ai nuovi immigrati». La sanità tedesca si basa su assicurazioni a metà fra il pubblico e il privato, alle quali i cittadini sono obbligati ad aderire. Croce e delizia dei lavoratori tedeschi, la Krankenkasse copre le visite mediche, non fa pagare le medicine dei bambini, e alle gestanti con già due figli può addirittura pagare una colf; tuttavia non copre le spese dentistiche al 100%. «Il Kindergeld lo abbiamo ottenuto dopo una lunga trafila - riprende Leonora -: sono circa 190 euro al mese a bambino, e per un italiano è stupefacente vedere come lo Stato ti aiuti solo perché sei diventato genitore». Per l'asilo funziona come da noi: il nido si paga in base al reddito mentre per la materna intervengono i Comuni.Il giudizio del siciliano Nicola è entusiastico: da ragazzo ha studiato da traduttore a Francoforte, mantenendosi agli studi «grazie al contratto di lavoro per studenti (tasse sì, contributo no), e alla rimesse di mia mamma». Per due volte Nicola è scivolato nei sussidi. «Quando il mio contratto è scaduto non ho avuto diritto alla disoccupazione ma al sussidio sociale (Alg II), l'obiettivo è di reinserirti nel circolo produttivo. Allora mi hanno pagato anche un corso di formazione e dopo sei mesi ho trovato lavoro. Anche dopo che il call center dove lavoravo ha chiuso, ho avuto la sociale per tre mesi: per la disoccupazione vera e propria (oltre il 60% del reddito) serviva almeno un anno di lavoro». Per due volte Nicola ha toccato il fondo e per due volte è risalito.
Altri invece puntano dritti agli 800 euro della sociale: evitano con cura di trovare un impiego e restano per anni in un limbo assistenziale, integrando magari il sussidio con lavori al nero. Anche per Nicola «i contributi sanitari sono troppi cari, soprattutto per i lavoratori autonomi. Tuttavia lo Stato ti aiuta anche in questo caso. Io lo trovo un atto di civiltà incredibile».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.