Uno spazio nel cuore degli americani, i fuorilegge lhanno sempre avuto. Potrebbe sembrare strano, visto che quello statunitense è tutto sommato un popolo piuttosto intruppato e ligio alla legge, quella di Dio o quella degli uomini. Forse proprio in questa antica contrapposizione tra giustizia divina e terrena vanno ricercate le ragioni della solidarietà che lamericano medio ha sempre tributato alla figura del fuorilegge. Chi non ha mai sentito parlare di Billy the Kid, Doolin e Dalton, John Dillinger? E, soprattutto, chi non sa chi è Jesse James?
Montagne di carta sono state scritte sulla sua figura ammantata di leggenda, tra biografie agiografiche e storie inventate di sana pianta. Per non parlare dei film. Molti di scarso valore, a dire il vero. Dallaurea mediocrità si eleva la pellicola crepuscolare di Walter Hill, I cavalieri dalle Lunghe Ombre, che sta a Jesse James quasi quanto Pat Garrett e Billy the Kid di Sam Peckinpah sta al piccolo grande fuorilegge ucciso dallex-amico sceriffo in Nuovo Messico. Ma, come sempre succede quando è il mito a sopraffare la storia, Jesse James è anche loggetto di molte ballate del folklore.
Jesse James. Storia del bandito ribelle, di T.J. Stiles (Il Saggiatore, pagg. 603, euro 25) è limpietoso ritratto di un mondo che, in un certo senso, continua a riverberarsi se non nellattuale società americana, quanto meno nellimmaginario collettivo dei nostalgici del Dixie. Con la dovizie di particolari tipica del saggio storico e la tensione narrativa di un romanzo, questa biografia soddisfa i palati più diversi. Stupisce positivamente la chiara volontà di collocare la figura di questo temuto fuorilegge nella società americana in trasformazione, prima e dopo la Guerra Civile. Pensare che la vita violenta di James sia figlia solo dellaltrettanto tribolata società del Sud sarebbe fuorviante, visto che Jesse James era cittadino del Missouri, uno degli Stati dal comportamento più ambiguo negli anni della secessione.
Meglio, dunque, analizzare la formazione del fuorilegge in un mondo schiavista dalle tensioni sociali contrastanti, in una famiglia dominata dalla figura possente della madre e dallassenza di un modello maschile di riferimento, prima per la morte prematura del padre e poi per la pusillanimità di un patrigno mai in grado di alzare la testa. James subì laffetto autoritario della madre, una donna che non ripudiò mai lefferatezza dei figli, ma subì anche il fascino adrenalinico della battaglia, il pericoloso richiamo del sangue. Arruolato fra i bushwackers, bande di fuorilegge pronte a fare razzie e ad ammazzare per il gusto di farlo, sotto la logora bandiera del Dixie, si mise presto in luce per la sua freddezza e insensibilità. Uccidere divenne un fatto talmente naturale che, ancor prima di essere un capo indiscusso, disse del suo capobanda, il quale aveva appena sgozzato un prigioniero con precisione chirurgica, che era «uno dei ragazzi più nobili».
Il libro di Stiles non risparmia i particolari più raccapriccianti delle nefandezze di James e dei suoi compari, ma colloca anche i dettagli più indigesti nel contesto storico, fornendo un resoconto della Guerra Civile e dellAmerica che ne viene fuori. Lassassinio di Lincoln, la fine della guerra, la caccia infruttuosa dellAgenzia Pinkerton, lagguato mortale teso a James da uno dei suoi compari più fidati. Il mito nasce dal sangue o dalla gloria.
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