Joss Stone l’anti-diva della musica all’Alcatraz

Musica live a go-go stasera. Per tutti i gusti. L’evento clou all’Alcatraz, casa milanese per una sera (ore 21, ingresso 30 euro) di Joss Stone, tra le più ammirate campionesse del pop made in England. Inglese, dotata di una spiccata passione per il soul e di una vocalità personale e appassionata, la bella Joss ha esordito giovanissima sei anni fa poco più che sedicenne, riuscendo non solo a scalare le classifiche di vendita in maniera straordinaria con il suo album d’esordio, «The Soul Sessions», ma anche a confermare il suo successo nel corso degli anni, crescendo e maturando al tempo stesso. Diva con la testa sulle spalle, testarda e un pizzico ribelle (ma lontana anni luce dalla vena autodistruttiva della collega e connazionale Amy Winehouse), non perde occasione per mettere sempre la musica davanti all’immagine. Di questi tempi un’assoluta rarità.
Lo show live della cantante-autrice di Dover, che di recente si è pure cimentata come attrice in una manciata di pellicole, si traduce spesso e volentieri in un mix di soul, R&B, Motown e jazz, gettando un ponte fra passato e presente. L’ultimo album (il quarto in sei anni di carriera per dieci milioni di dischi venduti), «Colour Me Free», ha ricevuto un’accoglienza trionfale Oltreoceano: «È il disco più spontaneo e libero e meno premeditato che abbia mai fatto - ha dichiarato -. Ho lavorato circondata solo dal calore della musica, della mia band che ha suonato come in una jam session, e di mia madre. Un lavoro casalingo, che raccoglie tutti i generi che amo: soul, R&B, funk, hip-hop, gospel. Rappresenta il punto in cui sono oggi, come artista e come persona».
Tutt’altra musica alla Salumeria della Musica (ore 22, ingresso libero con prenotazione obbligatoria su lifegate.it), dove nell’ambito della serata targata «Rock Files Live», va in scena l’intrigante incontro tra la musica popolare del Mali di Ballaké Sissoko, eccelso suonatore di kora (l’arpa africana), e le sonorità classiche contemporanee del violoncellista francese Vincent Ségal, tra l'altro collaboratore dell’ultimo Sting. In ogni minuto di «Chamber Music», il disco registrato nello studio di Salif Keita in Mali, si percepisce il connubio potente tra la ferma ispirazione di Sissoko e la spinta deviante di Ségal. Proprio il francese, con il suo stile ricco ma mai troppo presente, dona linfa melodica alle strutture complesse di Sissoko, creando un viatico accessibile anche a quella sensibilità europea che difficilmente riesce ad apprezzare la musica tradizionale africana.


Alla Casa 139 (ore 22, ingresso dieci euro), infine, suonerà una delle band più apprezzate del movimento indie-folk-rock americano, i Local Natives da Los Angeles. Il quintetto dal look da ragazzi della porta accanto si diletta a cesellare canzoni eccentriche, raffinate e libere da ogni clichè, pur evocando qua e là Talking Heads, Crosby, Stills, Nash & Young e Beach Boys.

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