Franco Ordine
da Milano
La carica dei 102 gol. È inutile far finta di niente e considerare lultima goleada di marca milanista lesaltazione di un drappello ristretto di specialisti, Inzaghi, Gilardino, Kakà e Shevchenko - ieri peraltro assente - dalle strepitose qualità balistiche. Nessun attacco, in Europa, tra i tanti in circolazione che pure schierano fior di campioni, riesce a fare così bene e così tanto. È un record da passare agli archivi e del quale è utile recuperare i motivi tecnici. 102 sono i gol collezionati fino a ieri sera dal Milan nei tre tornei a disposizione e, dato ancor più eclatante, i componenti del quartetto cetra, i due italiani più lucraino e il giovane brasiliano, sono tutti in doppia cifra. Lultimo a salire a quota 11 è Riccardino Kakà con la sua prima tripletta rossonera. Gli altri godono di numeri prestigiosi. Come contro la Fiorentina, il Milan può anche permettersi il lusso di andare sotto, di prendere un gol con quellallegra brigata che è la sua difesa attuale (Dida e Cafu gli anelli deboli della catena) per poi rifarsi alla distanza, dilagando addirittura nella seconda frazione. Il Chievo, fresco e pimpante, come il Lione qualche giorno prima in Champions league, comincia a disunirsi e a perdere colpi nei dintorni dellora di gioco. Fontana, il portiere di Pillon, è uno dei pochi ad opporsi alla cavalcata trionfale di Kakà che trova un modo singolare per dimenticare gli stenti più recenti, anche la sua astinenza preoccupante in fatto di gol ma in particolare di convincenti prestazioni.
102 gol realizzati in buona parte dai suoi attaccanti di ruolo e dal suo trequartista più celebrato sono il frutto di due fattori che sintrecciano in modo efficace: una brillante condizione fisica, una collaborazione totale degli attaccanti nei confronti del gioco. Non aspettano lì davanti limbeccata, o il cross ispirato, lassist delizioso. Basta prendere, come esempio didascalico, Alberto Gilardino che pure incoccia in una traversa prima di aprire la strada a Inzaghi, con una sponda intelligente. E se Serginho riesce a dilagare sulla sinistra, come ai vecchi tempi appena la resistenza della diga di Semioli e Malagò cede, ecco che non cè bisogno di attendere le prodezze di Inzaghi né rimpiangere lassenza di Shevchenko, con Ambrosini e Maldini impegnati in un lavoro di recupero per il derby di venerdì prossimo, anteprima della semifinale da brividi con il Barcellona. Se poi, nel momento del bisogno, cè persino un guardiano dellargine, Nesta, che richiamato in area da un angolo, si segnala per una saetta che rimette in parità il risultato aperto dalla stilettata di Pellissier, allora il Milan può andare in carrozza. E dimenticare, addirittura, i problemi che pure esistono e di cui bisogna parlare, in un orecchio anche a Carlo Ancelotti.
Il primo spunto è Andrea Pirlo. Da un mese e passa non è il brillante e geniale inventore di schemi di un semestre fa, su punizione non trova più la porta, perde dribbling elementari. Il segno più preoccupante del suo inatteso autunno è il rifiuto di presentarsi sul dischetto per il rigore del 3 a 1. Non è sicuro, non se la sente. Forse è il caso di pensare a una soluzione diversa, nel derby. Il secondo spunto è lassetto del quartetto difensivo, specie a destra dove Stam è ai box a farsi medicare mentre Cafu non risulta ancora pronto per il grande duello con Ronaldinho. Lardua sentenza per il secondo posto è affidata adesso al derby velenoso di venerdì sera, nato sotto il segno di violenze e veleni di marca nerazzurra.
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