KAKU Ecco quale sarà il destino dell’Universo

Il fisico arriverà nella città della Lanterna per parlare del suo ultimo libro: un viaggio dalla creazione al Big Freeze, il grande freddo che annullerà ogni cosa. Ma sarà davvero la fine di tutto o una civiltà avanzata riuscirà a salvarsi? E come?

Quante probabilità avete, mentre iniziate a leggere, di smaterializzarvi all’improvviso e di rimaterializzarvi, magari nel luogo dell’ultima vacanza? La risposta, almeno per ora, è: zero. Una possibilità del genere non rientra neppure in un sogno di terza o quarta mano. Ma secondo la teoria dei quanti - teoria della fisica subatomica, ed è lì che si annida il futuro - la probabilità di un trasloco simile esiste, infinitesima ma calcolabile, così come la possibilità di sparire dall’ufficio e di ritrovarsi a spasso nelle isole Andamane.
Nel nostro quotidiano eventi del genere non hanno senso. Ma nel mondo subatomico sono cruciali. Non solo per il funzionamento di laser, computer e lettori Cd, ma anche per la nostra vita. Per gli elettroni, infatti, è assolutamente normale dematerializzarsi e riapparire dall’altra parte di una barriera. Le stesse molecole del nostro corpo collasserebbero se questo strano principio non fosse valido. E se agli elettroni è concesso esistere in stati paralleli, sospesi tra l’esistenza e la non esistenza, la logica ci traghetta ad un’altra idea: perché non potremmo farlo anche noi? Di più: perché non potrebbe farlo l’intero universo spostandosi in un mondo, uno dei tanti, più o meno vicino?
Da queste domande, e da molte altre, parte Michio Kaku nel suo Mondi Paralleli. Un viaggio attraverso la creazione, le dimensioni superiori e il futuro del cosmo (Codice Edizioni, pagg. 416, euro 30), in libreria da martedì prossimo. Kaku è fisico teorico, divulgatore e professore di Fisica al «City College and the Graduate Center» dell’Università di New York. Lui e il suo libro - un grand tour, ai confini tra scienza e fantascienza, sul futuro della fisica nel suo complesso - saranno al centro di una conferenza sul tema, uno dei grandi appuntamenti del «Festival della Scienza» di Genova (Palazzo Ducale, 5 novembre ore 15).
Si parte dai preziosissimi dati forniti dal satellite Wmap (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe, nome legato a uno dei pionieri della cosmologia, David Wilkinson) in orbita dal 2001. Il primo, eccezionale, risultato del lancio è stata un’inedita mappa che mostra i particolari della radiazione di microonde generata dal Big Bang, quella che è stata definita l’«eco della creazione», l’esplosione infuocata che ha avuto luogo 13,7 miliardi di anni fa. Ma lo Wmap - pietra miliare della ricerca per Kaku - ha fatto molto di più. Ha messo in crisi l’idea che l’universo sia composto da un centinaio di atomi diversi, disposti ordinatamente secondo uno schema periodico, a partire dal più semplice, l’idrogeno. «WmaP ha dimostrato che la materia che ci circonda, dalle montagne alle galassie - scrive Kaku - non è che un insignificante 4 per cento del contenuto totale di massa ed energia dell’universo... La maggior parte di esso è formata da un materiale misterioso e invisibile, la cui natura è totalmente sconosciuta. Gli elementi familiari che formano il nostro mondo costituiscono solo lo 0,03 per cento dell’universo. In un certo senso la scienza è stata riportata indietro di secoli...».
A tutto ciò va aggiunto che, sempre secondo i dati WmaP, il 23 per cento dell’universo sarebbe composto da un’entità strana e indeterminata, detta «materia oscura» (circonda le galassie con aloni giganteschi ma è totalmente invisibile) e che il 73 per cento è invece una forma di energia completamente sconosciuta, «energia oscura», ovvero l’energia invisibile nascosta nel vuoto dello spazio (ci aveva pensato anche Einstein, nel 1917, ma poi l’aveva definita la «mia più grande cantonata»).
Insomma, la nuova visione che arriva dallo spazio satellitare sta demolendo le concezioni cosmologiche precedenti: «C’è sicuramente un intero scaffale di premi Nobel - commenta il professor americano - in attesa di persone intraprendenti in grado di svelare i nuovi misteri».
Wmap però non fruga soltanto nel cosmo primordiale, ma dà anche immagini precise di come andrà - in un futuro molto, molto lontano - a finire. Con due alternative: se l’azione della forza di antigravità continuerà a crescere (ipotesi più probabile), l’universo si espanderà all’infinito, raffreddandosi sempre di più e finendo per morire «congelato» in un Big Freeze, dove ogni forma di vita agonizzerà in un gelo letale; se invece l’espansione, a un certo punto, finirà, l’universo inizierà a contrarsi, stelle e galassie precipiteranno le une verso le altre, e la temperatura crescerà enormemente annullando ogni essere vivente. Risultato: un Big Crunch, cioè la conclusione di un processo che l’astronomo Ken Croswell ha definito «dalla creazione alla cremazione».
Ma sarà davvero la fine di tutto? Oppure, prima che arrivi il peggio, una «civiltà avanzata» sarà in grado di sfruttare le nuove leggi della fisica e di costruirsi una «scialuppa» verso un universo più ospitale, attraversando, chissà?, un buco nero? «Attualmente - precisa Kaku - la maggior parte dei fisici è convinta che un viaggio del genere sarebbe fatale. La nostra comprensione dei buchi neri, però, è ancora gli inizi e una simile congettura non è mai stata sottoposta a verifica».
O si potrebbe tentare un viaggio nel tempo, tornando in un periodo in cui condizioni favorevoli consentano un «nuovo inizio»? «Nel 1988 - continua il divulgatore newyorkese - il fisico Kip Thorne, con i colleghi Michael Morris e Ulvi Yurtsever, dimostrò che sarebbe stato possibile costruire una macchina del tempo, a patto di riuscire a trovare, in un modo o nell’altro, delle forme non comuni di materia ed energia, come la “materia esotica negativa” e l’“energia negativa”... e che un viaggio di tal genere potrebbe essere addirittura un’esperienza piacevole se confrontata con le condizioni stressanti cui si è sottoposti sugli aerei di linea». Naturalmente tutto ciò è una sfida al senso comune. E queste macchine «intertemporali», o le «scialuppe», le «botole» o i buchi neri per traslocare in altri palcoscenici stellari hanno sempre suscitato un’overdose di scetticismo.
Ma, al di là di una cosmica incredulità, resta la domanda di fondo, quella che Kaku affronta soprattutto nella parte finale del libro: le nuove leggi della fisica consentiranno di fuggire, di evitare Big Freeze o Big Crunch? Allora, negli scenari futuri ipotizzati, la civiltà disporrà non soltanto di nuove conoscenze scientifiche, ma anche di tecnologie tali da consentire di spostare la Terra su un’orbita più grande quando il nostro Sole diventerà più caldo, o di «catturare» una stella di passaggio per usarla come nuovo sole, quando il nostro sarà diventato vecchio e stanco.
C’è però un’ultima questione che Kaku trascura: si arriverà davvero a quella «civiltà avanzata» protagonista del suo libro? L’umanità sarà in grado di sfuggire alla «forza di gravità» di guerre, nazionalismi, fondamentalismi, conflitti economici, egoismi e prepotenze planetarie? Una risposta ce l’ha, forse, un altro newyorkese: il cantautore Billy Joel.

Il suo testo, River of Dreams, è anteriore all’11 settembre, ma non ha perso voce in capitolo: «Dopo che l’ultima guerra sarà vinta scienza e poesia governeranno nel nuovo mondo a venire; profeti e angeli ci hanno donato il potere di vedere quale sorprendente futuro ci sarà. Speriamo che i nostri figli portino alla meta i nostri sogni. Loro sono della migliore qualità».

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