Il 2 dicembre 1913 una giovane donna dagli occhi scurissimi e magnetici, appartenente a una famiglia dell'altissima borghesia terriera, lascia la Danimarca e intraprende con la madre, la sorella e il cane Dusk, un viaggio verso Sud che la porta prima a Napoli, e da lì, rimasta sola, a Mombasa, in Kenya, dove l'attende il suo promesso sposo, Bror von Blixen, da cui prenderà il titolo di baronessa e il nome da scrittrice: Karen Blixen.
In un libro uscito dalle Edizioni Ares, Karen Blixen. Il coraggio, l'amore l'ironia (pagg. 280, euro 16), Rossella Pretto, traduttrice, studiosa, poetessa, ricostruisce con agile piglio narrativo non disgiunto da rigore critico la figura di questa scrittrice diventata un mito soprattutto con La mia Africa, che ha conosciuto una memorabile e premiatissima trasposizione cinematografica. Pretto non si limita a scrivere una biografia, il suo è il ritratto di una donna dalla vita straordinaria per nascita, famiglia, avventure, ma è anche un profilo critico in cui vengono valorizzati libri come Sette storie gotiche o Racconti d'inverno, in cui si afferma la grandezza dell'autrice nel genere del racconto. Le pagine centrali del libro sono dedicate alla esperienza africana di Karen Blixen. Il matrimonio frettoloso a Mombasa, il viaggio e il pranzo di nozze in treno sino a Nairobi, la piantagione dove si insedierà e di cui diventerà, in assenza del marito, la vera anima.
Blixen è affascinata subito dai paesaggi, dai cieli che sembrano scendere a toccare gli altipiani, dalla qualità dell'aria, da una sensazione che fa sentire leggeri e liberi, felici. Ma ancor più è affascinata dall'umanità che incontra, così nuova e diversa da quella cui era abituata in Danimarca. Sin dal primo impatto, il domestico somalo Farah diventa molto più che un domestico: un punto di riferimento, un aiuto per capire il nuovo mondo in cui è arrivata. Sono 1000 i boys nella piantagione, appartengono a tribù diverse, Kikuyu, Masai, Swahili, Somali. Per loro e per tutti gli abitanti dei villaggi vicini Blixen diventa insegnante, infermiera, consigliera, medico. Per salvare la gamba al ragazzo Kitau, rimasta sotto un tronco d'albero tagliato, inventa, dopo tanti rimedi non efficaci, una cura magica. Quella della «lettera del Re», una missiva proveniente dalla corte danese applicata sul petto del malato: un sortilegio, che rincuora e ridona voglia di vivere. Il marito Bror non le è vicino. È un cacciatore, uno sperperatore, un seduttore compulsivo, che si ammala di sifilide e gliela trasmette. Pare sia stato il modello di Hemingway per il protagonista del supremo racconto La breve vita felice di Francis Macomber. Lei non ha una visione bigotta del matrimonio, i tradimenti non la indignano, sa, sulle orme di Bernard Shaw, che matrimonio e morale hanno ben poco da spartire. Ma Bror con i suoi errati calcoli e le sue avventate speculazioni manda in rovina l'azienda agricola. Il divorzio arriva nel 1925. Intanto entra nella sua vita Denys Finch Hatton, un elegante ufficiale inglese, coraggioso, avventuriero, anche lui cacciatore di leoni e elefanti. Solo dopo la sua morte in un incidente aereo Blixen torna definitivamente in Europa. E diventa scrittrice.
È il 1931. Nel 1934 esce Sette storie gotiche. Nel 1937, il capolavoro, La mia Africa. Seguiranno tanti altri racconti, tra cui spicca Il pranzo di Babette, baciato da una formidabile fortuna una volta diventato film. Pretto segue le vicende biografiche e letterarie della sua protagonista con grazia e con empatia. Ci racconta la storia del suo tormentato rapporto, «folie à deux», con il poeta Thorkild Biornvig, di venti anni più giovane di lei, ci enuncia le tre forme di gioia perfetta in cui Blixen crede: la cessazione del dolore, l'eccesso di energia, la facoltà di resistere al proprio destino. Ci accompagna anche negli incontri mondani che costellarono i suoi anni tardi di gloria letteraria.
Tra questi, uno la porta con la scrittrice Carson McCullers a
conoscere Marilyn Monroe e Arthur Miller. In Marilyn, Blixen seppe vedere subito e in dosi così straordinarie vitalità e innocenza. Morì di denutrizione nel 1962, un mese dopo che Marilyn aveva chiuso tragicamente la sua vita.
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