Quello che spaventa è la solitudine. La donna, quasi madre, digita in fretta lindirizzo sul computer: women on web. E acquista una confezione di Ru486, la pillola abortiva. Non parla con nessuno. Tra lei e laborto non cè nessuno. Non cè un medico. Non cè un compagno, un marito, un uomo, un futuro padre. Cè solo una pillola, che ti arriva a casa come unaspirina, una zigulì, un placebo, una pasticchetta contro il mal di testa. Cè solo una pillola e un feto da spazzare via. Il resto, le solite domande che laici e cattolici si fanno, non servono più. Quanti mesi ha il feto? Tre, quattro, sette. Chi lo sa? La Ru486 venduta on line è il fast food dellaborto e segna un confine. Sta diventando tutto troppo facile, troppo scontato. È caduto un limite morale e questo non fa bene a nessuno. Laborto non è più una scelta etica. Non è la domanda di tutte le madri, langoscia di chi non sa che cosa rispondere a un bimbo mai nato. Non è leterno quesito: ma questa cosa che batte nel ventre è vita o non è vita? Non è nulla. È un mal di testa.
La Bbc cita una rivista medica di ginecologia e dice che la pillola abortiva va a ruba su internet quasi come il Viagra. I «farmacisti» del sito si giustificano: la vendiamo soprattutto nei Paesi, tipo lIrlanda del Nord, dove laborto può avvenire solo con notevoli limitazioni. I medici ricordano i rischi per chi prende farmaci senza il controllo di uno specialista. Sul forum della «farmacia» le donne definiscono lesperienza «stressante, ma accettabile». Lazienda che produce la pillola denuncia il sito per vendita di farmaci «taroccati». Ma al di là di tutto questo, delle polemiche e delle paure, di questa pillola che riscopre il mestiere delle vecchie mammane clandestine, cè la vittoria della «cultura dellaborto». Attenzione. Questa è la sconfitta di chi, come me, non ha nessuna voglia di abolire la 194 e sta ancora qui a chiedersi dove comincia e finisce luomo.
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