Parigi - Il colore della modernità? «Nero in tutti i modi» risponde Stefano Pilati con una straordinaria collezione Saint Laurent sapientemente orchestrata su sinfonie di asfalto, antracite, catrame e basalto: le tinte delle notti metropolitane che a volte virano sul blu o si accendono di bagliori dorati. Karl Lagerfeld che da una vita disegna Chanel, punta piuttosto su uno dei codici di riconoscimento della maison: la perfetta alchimia del bicolore con accessori tipo le grandi collane di perle finte che stavolta diventano anche cerchietto per capelli.
Così per il prossimo inverno il tipico tweed a quadretti bianchi e neri, rossi e neri o neri e blu invade tutto: dalle gonne agli stivali, dai cappotti alle borse senza dimenticare i tailleur. Del resto 50 anni fa la grande Coco inventò le inconfondibili scarpe bicolori che fanno subito chic. Pilati s’ispira all’arte povera di Gilberto Zorio e alle opere di Joseph Beuys (la più famosa è un muro di 7000 pietre in basalto costruito a Kassel negli anni ’80) per proiettare l’immagine della donna Saint Laurent nella lussuosa realtà di un futuro che non ha nulla di fantascientifico. Sparisce l’ostentazione ed emerge la purezza di uno stile fatto da tagli spettacolari, linee calibrate al millimetro, materiali preziosi, anzi preziosissimi, ma sempre trattati con apparente distacco. Perfino i lunghi guanti in coccodrillo hanno la stessa aria disinvolta dei modelli in lana che le ragazze portano per non gelare da quando la moda impone di uscire sbracciate anche in pieno inverno. Mentre l’alpaca più morbida o il cashmere più sottile sembrano quasi nascondersi dietro quelle tinte fuligginose come l’aria delle nostre città. «Sono partito da qui, dalla realtà in cui viviamo per liberare la mia moda da orpelli, sovrastrutture e ovvietà» dice Pilati respingendo al mittente l’ipotesi di un’ispirazione medioevale dietro alla severità delle tinte e certi dettagli come cappucci, gioielli a gorgiera e calottine in vernice con tanto di sottogola da Madonna duecentesca. Dunque le maniche a jambon (in francese suona meglio, ma vuol sempre dire a prosciutto) non sono tanto una citazione dei modelli in uso nel Medio Evo, quanto un preciso riferimento allo stile Saint Laurent. E la mistica del marchio si ritrova anche nel bellissimo miniabito a smoking indossato su calze coprenti e scostato dal corpo grazie alla perfezione di un taglio scultoreo. «Ci sono tanti neri, non uno solo» diceva Saint Laurent nel senso di Yves, uno dei grandi maestri del colore. Il giovane Pilati ha dimostrato di conoscerli tutti.
Insegue la purezza anche Giambattista Valli che questa volta cita Le Corbousier e l’architettura, Rembrandt e lo stile di Maria Felix, l’attrice messicana che negli anni ’40 interpretò Messalina e diede scandalo per il suo anticonformismo. Tradotto in moda tutto ciò ha un esito felice nei tailleur pantaloni leggermente allargati sul fondo e nelle infinite variazioni del petite robe noir.
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