L’esercito dei nonni stakanovisti che non va mai in pensione

La ricerca della Camera di commercio: a Milano sono circa 400 gli anziani che a dispetto dell’età continuano a lavorare. Sono liberi professionisti e artigiani. Il decano è Giuseppe Martignetti, che continua a sfornare dolci a 95 anni

Passati indenni attraverso guerre, emigrazione, privazioni di ogni genere, hanno superato la settantina da un pezzo ma guai a chiamarli vecchi. Loro si definiscono «diversamente giovani» e fanno parte di una schiera sempre più folta di lavoratori. Tra i professionisti, gli ultrasettantenni sono tantissimi: medici, avvocati, ingegneri, amministratori ancora in attività si sprecano. Il Censis calcola che in Italia ci siano circa 96 mila «grandi vecchi» che contribuiscono a mandare avanti l’economia.
Tra i professionisti anziani più originali di Milano merita un posto d’onore il maestro Luigi La Pegna, 88 primavere, titolare della «Acom», una agenzia concertistica di livello internazionale che l’anziano professionista oggi dirige dalla casa di riposo per artisti Giuseppe Verdi. «Dal 1950 - dice La Pegna, laurea in Giurisprudenza e diploma in pianoforte - ho organizzato oltre 6 mila concerti in Italia e all'estero». La Pegna ha una segretaria e usa regolarmente il computer che anzi ha ampliato di molto i suoi orizzonti di talent scout.
Ma professionisti a parte, sta crescendo anche il numero di anziani alle prese con lavori manuali: pasticcieri, tornitori, elettricisti che hanno superato da un pezzo la settantina e non hanno nessuna intenzione di cedere il passo ai più giovani. Il dato è recente e viene dalle Camere di commercio. A Milano queste «pantere bianche» sarebbero circa 400. Tutte persone accomunate dall’eliminazione della parola «pensione» dal proprio vocabolario: “«ermine orribile – dice uno di essi – dietro cui si nasconde l’anticamera del camposanto».
Il decano degli artigiani over settanta del capoluogo è Giuseppe Martignetti, classe 1913. Originario di Amalfi, Martignetti fa il pasticciere. Il suo negozio è in via delle Primule, al Lorenteggio. A 95 anni suonati, l’anziano imprenditore ogni mattina indossa un lindo camice e avvia l’impastatrice del suo laboratorio. «Sono a Milano dal ’34 – dice ricordando benissimo ogni dettaglio della sua vita – e dopo un mese di disoccupazione mi assunsero in Motta come manovale». Martignetti in breve fa carriera. Tanto che resterà in Motta per 15 anni.
«Pensi – ricorda sorridendo – mi mandavano a Verona a insegnare ai veneti l’arte del panettone; a me che venivo dal Sud e che avevo l’accento campano!». Nel ’49 la grande decisione: «Prendo uno scantinato di tre metri quadri in via Zamenhof – dice – compro l’impastatrice firmando una carriolata di cambiali e mi metto in proprio a fare prima pizze, poi panettoni e pastiere napoletane: un successo». Oggi, nel retro del suo negozio che condivide col figlio Giovanni, ha ancora tante cose da insegnare al «ragazzo di bottega» , un aiutante 52enne che sta con Martignetti da sei lustri e che si chiama Nicola. Niente hobby, niente passioni escluso quella per il lavoro, nessun interesse per i quattrini: «La pensione ammazza la gente», ripete con foga quando qualcuno gli chiede se non invidi un poco i suoi coetanei a riposo.
Nemmeno Stefano Roncalli, 84 anni, tornitore del legno nella sua botteguccia di via Custodi al Ticinese, ama parlare di riposo. Roncalli è un «giovanotto» che sta in piedi davanti al tornio tra le otto e le dieci ore al giorno. Niente di meno. È aiutato in bottega da Giancarlo, il figlio sessantenne, ed è un lontano cugino di Giovanni XXIII, il Papa Buono, di cui ricorre proprio a fine mese il cinquantenario del pontificato. «Era uno come noi - ricorda l’anziano artigiano - non stava mica lì a contarla su... Poche parole e molti fatti».
In ditta lo Stefano ci è nato: l’arte l’ha imparata dal papà che faceva questo mestiere già nel 1908 ed era arrivato a Milano dalla Valle Imagna. Nel suo piccolo antro-laboratorio pieno di trucioli di legno e con una vetrina senza insegne, Roncalli ricostruisce pezzi singoli di mobili, gambe su misura per tavoli o sedie azzoppate, pomoli, sfere, piramidi, colonne e quant’altro gli commissionano falegnami, antiquari, restauratori. «Siamo rimasti in pochi a fare questo mestiere - sospira Roncalli - noi e i fratelli Boscetti di via Sebenico. Oggi 'ste cose qui si fanno a macchina ma l’è minga la stessa cosa!».


Lui invece con tornio, sgorbie, sgorbiette e altri attrezzi riproduce tutto a mano, senza bisogno di disegni, col solo aiuto del pezzo originale da ricostruire. Hobby? Sorride e ricorda quando di domenica andava al bar a giocare a biliardo. «Poi cosa vuole - svela confidenziale - gli amici se ne vanno un po’ alla volta e si resta senza compagnia»...

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